27.9.09

Come ti servo il golpe


Gennaro Carotenuto scriveva il 25 settembre:
"Il terzo giorno dal ritorno di Mel Zelaya in Honduras [in questo momento Zelaya si trova rifugiato nell'ambasciata brasiliana a Tegucigalpa, insieme ad un equipe di Tele Sur, assediati dall'esercito] è stato pesante come i primi due dal punto di vista della Resistenza popolare che sta pagando senza arretrare prezzi altissimi.
Di fronte alle grandi manifestazioni popolari per il ritorno del presidente e all’isolamento internazionale, la dittatura ha risposto con l’unica arma che conosce, la repressione.
Coprifuoco quasi continuo, almeno tre morti confermati da martedì, ma c’è chi ne calcola una decina, centinaia di arresti , feriti e denunce di sparizioni, soprattutto nella periferia della capitale Tegucigalpa dove l’esercito entra con difficoltà tenuto in scacco dalla Resistenza"

Stella Spinelli scriveva il 23 settembre (da Peacereporter), riportando la mail di una cooperante italiana a Tegucigalpa:
"La situazione continua drammatica, centinaia di feriti, detenuti e desaparecidos. (...) Fino a poco fa era impossibile passare i cordoni dei militari vicini all´ambasciata brasiliana, dove sono rifugiate circa 300 persone oltre che il presidente legittimo di Honduras, la sua famiglia e il corpo diplomatico del Brasile. Da ieri sera queste persone non mangiano ed i militari impediscono che passi cibo e acqua.´ (...)
"Sto diffondendo un rapporto dal centro di detenzione extragiudiziale di Villa Olimpica, nello stadio Chochi Sosa. Ci informano che oltre 120 persone sono lì detenute illegalmente. Tra loro dei feriti, anche gravi", denuncia Radio Liberada.
"Le forze repressive del governo golpista hanno lanciato una caccia al popolo honduregno nelle strade di Comayaguela e Tegucigalpa. Nei pressi dell'ambasciata brasiliana ci sono molte persone ferite. Alcuni sono scomparsi. (...) La vita stessa del presidente e dei suoi familiari sono in pericolo. Questa repressione è brutale". Anonimo.
"Le forze repressive del governo golpista hanno lanciato una caccia al popolo honduregno nelle strade di Comayaguela e Tegucigalpa. Nei pressi dell'ambasciata brasiliana ci sono molte persone ferite. Alcuni sono scomparsi."

Gravissime notizie, eppure forse non così gravi o importanti secondo i nostri giornalisti nostrani. Tanto che la mattina del 27 settembre su Google News Italia le notizie sulla vicenda si limitano a 2 articoli dell'Unione Sarda, uno il 27 ed uno il 26, e due lanci Ansa e due articoli de Il Velino per il 25.
Né si vedono servizi video nei telegiornali o in trasmissioni di approfondimento.

Torniamo indietro per raccontare come siamo arrivati a questa situazione.
6 giugno: Il presidente dell'Honduras, Manuel Zelaya, destituisce il capo dello Stato Maggiore delle forze armate, generale Romeo Vàsquez, e il ministro della Difesa, Angel Edmundo Orellana, a causa del loro rifiuto alla collaborazione alla realizzazione di un referendum consultivo su un'assemblea costituente. Secondo quanto denuncia l'opposizione, dietro la riforma ci sarebbe l'intenzione di Zelaya di rimanere nel potere oltre il 2010.
28 giugno:  il presidente Zelaya è arrestato; la Corte Suprema ordina un Colpo di Stato militare. La Corte giustifica il golpe come un atto in difesa della Costituzione.
Queste le ragioni dei golpisti, che fingono di ricevere una lettera di rinuncia alla carica da parte di Zelaya ed al suo posto nominano Roberto Micheletti.

Ancora il 22 settembre, la Reuters Italia scriveva (sotto l'eloquente titolo "Honduras in crisi dopo il ritorno di Zelaya"):
"I soldati hanno rovesciato Zelaya e lo hanno mandato in esilio il 28 giugno nell'ambito di un contrasto sui limiti della durata della carica di presidente. (...) Ma un governo eletto dal Congresso nel giorno del colpo di stato ha rifiutato di concedere a Zelaya di rientrare a meno che non affronti le accuse di corruzione e di aver tentato di cambiare la Costituzione."
Anche il Giornale esprime una posizione inequivocabile: " Il presidente deposto Manuel Zelaya ha rimesso piede in Honduras e il Paese è tornato nel caos".
Tutta la politica internazionale si esprime ufficialmente contro il governo golpista: Obama e la Clinton , l'ONU, l'Unione Europea, il ministro degli esteri Franco Frattini per l'Italia, la Banca Mondiale...
Quanto ai mezzi d'informazione, invece, come abbiamo visto, le cose sono ben diverse. Una parte, una parte molto ben definita, esprime delle chiare simpatie per il regime di Micheletti.
Abbiamo visto il Giornale della famiglia Berlusconi, ecco ora Italia1:




Anche la formale unanimità delle dichiarazioni politiche non ci convince del tutto.
Gianni Minà si domandava, sul Manifesto del 2 luglio scorso, se "il governo di Washington non ha più la minima influenza sull’apparato militare che, da quasi cinquant’anni, condiziona in modo indiscutibile la vita di un paese di radici maya che, oltretutto, dai tempi in cui il presidente nordamericano Reagan decise di appoggiare la “guerra sporca” alla rivoluzione sandinista in Nicaragua, è la base operativa, logistica delle operazioni militari del Pentagono in quella zona del mondo."
E proseguiva:  "Fra “gli attori politici” nel piccolo paese centroamericano, di quasi sette milioni e mezzo di abitanti, le forze armate degli Stati Uniti sono ancora preminenti e non a caso gli alti comandi sono stati formati tutti alla famigerata Scuola delle Americhe, (...) Il generale Romeo Vazquez, leader dei golpisti, ha studiato, per esempio, in quell’inquietante ”ateneo”, e da quell’insegnamento, come ha ricordato l’altro ieri  Manlio Dinucci, vengono i dittatori hondureñi degli anni ‘70/’80, Juan Castro, Policarpo Paz Garcia e Humberto Hernandez."
Insomma, davvero gli USA, che dalla base honduregna di Palmerola hanno governato le sorti della regione, non hanno oggi sufficiente influenza da ristabilire l'ordine nella regione?
Oppure dietro la facciata diplomatica vi sono altri obiettivi?

Ci sono delle cose da dire sulla Costituzione che Zelaya chiede al popolo honduregno di poter cambiare.
L'Honduras è di fatto proprietà privata della ex United Fruit Company (oggi Chiquita), che ha condizionato fin dalla fine del XIX i governi, dittatoriali o costituzionali, che hanno retto il Paese.
L'attuale Costituzione, che risale al 1982, è opera della penna del generale Policarpo Paz, dittatore immancabilmente scelto dalla United Fruit e sostenuto dalla CIA. Essa da un lato aprì la possibilità a libere elezioni, che diedero la presidenza a Roberto Suazo Cordoba, dall'altra diede ai reali padroni dello stato la possibilità di continuare far sparire impunemente le persone nelle camere di tortura, esattamente come prima.
Essa ha permesso che si mantenesse uno stato di disparità sociale in cui l'80% delle persone vive in povertà, mentre il 75% della terra appartiene a 225 latifondisti!

Inoltre, chi si scandalizza per le modifiche proposte alla Costituzione, omette il fatto che è già stata modificata nello stesso anno in cui era stata promulgata, il 1982, e di nuovo nel 1984, 1985, 1986, 1987, 1988, 1989, 1990, 1991, 1993, 1994, 1995, 1996, 1997, 1998, 1999, 2000, 2001, 2002, 2003, 2004 e 2005. Lo stesso articolo 239, quello che proibisce perfino di “proporre” la rieleggibilità del presidente, è stato modificato nel 1998, quindi nel 2002 e di nuovo nel 2003 senza scandalizzare più di tanto i nostri giornalisti.


Manuel Zelaya, liberale eletto nel 2006 dalla destra moderata in un paese ostaggio della piccola a grande delinquenza, ha ritenuto che il solo strumento per risollevare il livello di sviluppo umano ed economico del Paese fosse una redistribuzione più equa delle risorse. Così, decise di aderire all’ALBA, l’Alternativa Bolivariana  per i Popoli d’America, un progetto di cooperazione politica, sociale ed economica tra i paesi dell’America Latina ed i paesi caraibici, promossa dal Venezuela e da Cuba, e successivamente da Nicaragua, Ecuador e Repubblica Dominicana, in alternativa all’Area di Libero Commercio delle Americhe (ALCA) voluta dagli Stati Uniti, considerandola l'unica scelta realistica possibile.

Oggi, l'occultamento della feroce repressione della contestazione popolare in Honduras è chiara espressione di quanto ancora i potentati economici possano dettare l'agenda della politica.
Ridimensioniamo i troppo facili entusiasmi e le ancor più facili disillusioni nei confronti di Obama! Siamo sempre vigili, sempre attenti alle verità troppo facili che l'informazione ci serve in tavola, in America come in Medio Oriente, in Africa come nelle nostre città padane.
Facciamoci interrogare dalla vita, dalla storia e, soprattutto, restiamo sempre umani.

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29/9/2009: Aggiornamenti sulla situazione nel mio successivo post: L'Honduras resiste