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11.2.10

Le banane valgono una guerra?

Ora e sempre: RESISTENZA!




"...un popolo che apparentemente non scendeva per strada, un popolo tranquillo, un popolo umile, ha detto: "Adesso basta", si sono alzati tutti, dai quartieri, dalle colonie, dai villaggi, dalle com unità, dai centri di studio, dai centri di lavoro, e hanno detto: "Non accetteremo questa dittatura!"

29.9.09

L'Honduras resiste

Dal quotidiano peruviano La República apprendiamo che:

Reprimono gli honduregni con i gas della polizia peruviana.

23/9/2009

La polizia del regime di fatto di Micheletti in Honduras usa i lacrimogeni per reprimere la popolazione che respinge colpo di stato e sostiene Manuel Zelaya. In ciò non ci sarebbe nulla di strano, se non per il fatto che questi gas provengono dal Perù.
Il ministero degli Interni avrebbe dovuto spiegare come questi gas possono venire in Honduras se appartengono alla polizia peruviana. In un video si vede chiaramente (a 1 min. 30 secondi)  che l'etichetta sul lacrimogeno riporta: Polizia Nazionale del Perù.



Dall'agenzia d'informazione Spacio Libre (con video) e ancora da La República veniamo a sapere che "fonti della Polizia informano che oggi, lunedì 28 settembre, il Governo di fatto dell'Honduras ha chiuso i mezzi di comunicazione vicini al deposto presidente Manuel Zelaya: il Canale 36 della televisione e Radio Globo"

Micheletti rassicura il Brasile: "«la nostra Polizia ed il nostro Esercito non si introdurranno con la forza nei suoi domini, nei suoi territori, nella sua proprietà», ha detto Micheletti in una conferenza stampa."
In realtà, afferma l'emittente venezuelana TeleSur, l'ambasciata brasiliana a Tegucigalpa è stata attaccata con gas lacrimogeni lanciati dalle truppe o sganciati da aerei o elicotteri (gas che secondo una denuncia della cancelliera del governo legittimo dell'Honduras, Patricia Rodas, sono prodotti da due imprese a capitale israeliano) e con radiazioni soniche o elettromagnetiche lanciate da sofisticati apparati in possesso dell'esercito.
Secondo l'Organización Fraternal Negra Hondureña (OFRANEH), questa è la famigerata HSS (Hyper Somic Sound)considerata dagli USA "arma non letale" e tuttavia vietata dalla Convenzione di Ginevra, utilizzata dall'esercito USA in Iraq a partire dal 2004 e dall'esercito Israeliano nella striscia di Gaza nel 2005. Il produttore è  la American Technology Corp., di San Diego, California.


OFRANEH ipotizza che una ragione dell'ambiguità dell'atteggiamento statunitense è nella carica di ministro della giustizia di affidata all'avvocato Eric Holder, recente difensore della Chiquita (Tela Railroad) [vedi mio post precedente] nel caso di un pagamento milionario di questa compagnia ai paramilitari colombiani e l'utilizzo del molo della compagnia per sbarcare le armi usate nei massacri perpetrati dalle AUC. Inoltre, Holder ha evitato la persecuzione degli agenti CIA che avevano istituzionalizzato le torture come procedimento ordinario negl'interrogatori.

Infine, sempre secondo la fonte OFRANEH, si segnala la presenza a Tegucigalpa del generale israeliano Israel Ziv, un esperto di controrivoluzione, utilizzato nel Plan Colombia nella repressione in Perù.

Intanto, Zelaya interviene via cellulare all'Assemblea Generale dell'ONU.

L'Honduras resiste.

27.9.09

Come ti servo il golpe


Gennaro Carotenuto scriveva il 25 settembre:
"Il terzo giorno dal ritorno di Mel Zelaya in Honduras [in questo momento Zelaya si trova rifugiato nell'ambasciata brasiliana a Tegucigalpa, insieme ad un equipe di Tele Sur, assediati dall'esercito] è stato pesante come i primi due dal punto di vista della Resistenza popolare che sta pagando senza arretrare prezzi altissimi.
Di fronte alle grandi manifestazioni popolari per il ritorno del presidente e all’isolamento internazionale, la dittatura ha risposto con l’unica arma che conosce, la repressione.
Coprifuoco quasi continuo, almeno tre morti confermati da martedì, ma c’è chi ne calcola una decina, centinaia di arresti , feriti e denunce di sparizioni, soprattutto nella periferia della capitale Tegucigalpa dove l’esercito entra con difficoltà tenuto in scacco dalla Resistenza"

Stella Spinelli scriveva il 23 settembre (da Peacereporter), riportando la mail di una cooperante italiana a Tegucigalpa:
"La situazione continua drammatica, centinaia di feriti, detenuti e desaparecidos. (...) Fino a poco fa era impossibile passare i cordoni dei militari vicini all´ambasciata brasiliana, dove sono rifugiate circa 300 persone oltre che il presidente legittimo di Honduras, la sua famiglia e il corpo diplomatico del Brasile. Da ieri sera queste persone non mangiano ed i militari impediscono che passi cibo e acqua.´ (...)
"Sto diffondendo un rapporto dal centro di detenzione extragiudiziale di Villa Olimpica, nello stadio Chochi Sosa. Ci informano che oltre 120 persone sono lì detenute illegalmente. Tra loro dei feriti, anche gravi", denuncia Radio Liberada.
"Le forze repressive del governo golpista hanno lanciato una caccia al popolo honduregno nelle strade di Comayaguela e Tegucigalpa. Nei pressi dell'ambasciata brasiliana ci sono molte persone ferite. Alcuni sono scomparsi. (...) La vita stessa del presidente e dei suoi familiari sono in pericolo. Questa repressione è brutale". Anonimo.
"Le forze repressive del governo golpista hanno lanciato una caccia al popolo honduregno nelle strade di Comayaguela e Tegucigalpa. Nei pressi dell'ambasciata brasiliana ci sono molte persone ferite. Alcuni sono scomparsi."

Gravissime notizie, eppure forse non così gravi o importanti secondo i nostri giornalisti nostrani. Tanto che la mattina del 27 settembre su Google News Italia le notizie sulla vicenda si limitano a 2 articoli dell'Unione Sarda, uno il 27 ed uno il 26, e due lanci Ansa e due articoli de Il Velino per il 25.
Né si vedono servizi video nei telegiornali o in trasmissioni di approfondimento.

Torniamo indietro per raccontare come siamo arrivati a questa situazione.
6 giugno: Il presidente dell'Honduras, Manuel Zelaya, destituisce il capo dello Stato Maggiore delle forze armate, generale Romeo Vàsquez, e il ministro della Difesa, Angel Edmundo Orellana, a causa del loro rifiuto alla collaborazione alla realizzazione di un referendum consultivo su un'assemblea costituente. Secondo quanto denuncia l'opposizione, dietro la riforma ci sarebbe l'intenzione di Zelaya di rimanere nel potere oltre il 2010.
28 giugno:  il presidente Zelaya è arrestato; la Corte Suprema ordina un Colpo di Stato militare. La Corte giustifica il golpe come un atto in difesa della Costituzione.
Queste le ragioni dei golpisti, che fingono di ricevere una lettera di rinuncia alla carica da parte di Zelaya ed al suo posto nominano Roberto Micheletti.

Ancora il 22 settembre, la Reuters Italia scriveva (sotto l'eloquente titolo "Honduras in crisi dopo il ritorno di Zelaya"):
"I soldati hanno rovesciato Zelaya e lo hanno mandato in esilio il 28 giugno nell'ambito di un contrasto sui limiti della durata della carica di presidente. (...) Ma un governo eletto dal Congresso nel giorno del colpo di stato ha rifiutato di concedere a Zelaya di rientrare a meno che non affronti le accuse di corruzione e di aver tentato di cambiare la Costituzione."
Anche il Giornale esprime una posizione inequivocabile: " Il presidente deposto Manuel Zelaya ha rimesso piede in Honduras e il Paese è tornato nel caos".
Tutta la politica internazionale si esprime ufficialmente contro il governo golpista: Obama e la Clinton , l'ONU, l'Unione Europea, il ministro degli esteri Franco Frattini per l'Italia, la Banca Mondiale...
Quanto ai mezzi d'informazione, invece, come abbiamo visto, le cose sono ben diverse. Una parte, una parte molto ben definita, esprime delle chiare simpatie per il regime di Micheletti.
Abbiamo visto il Giornale della famiglia Berlusconi, ecco ora Italia1:




Anche la formale unanimità delle dichiarazioni politiche non ci convince del tutto.
Gianni Minà si domandava, sul Manifesto del 2 luglio scorso, se "il governo di Washington non ha più la minima influenza sull’apparato militare che, da quasi cinquant’anni, condiziona in modo indiscutibile la vita di un paese di radici maya che, oltretutto, dai tempi in cui il presidente nordamericano Reagan decise di appoggiare la “guerra sporca” alla rivoluzione sandinista in Nicaragua, è la base operativa, logistica delle operazioni militari del Pentagono in quella zona del mondo."
E proseguiva:  "Fra “gli attori politici” nel piccolo paese centroamericano, di quasi sette milioni e mezzo di abitanti, le forze armate degli Stati Uniti sono ancora preminenti e non a caso gli alti comandi sono stati formati tutti alla famigerata Scuola delle Americhe, (...) Il generale Romeo Vazquez, leader dei golpisti, ha studiato, per esempio, in quell’inquietante ”ateneo”, e da quell’insegnamento, come ha ricordato l’altro ieri  Manlio Dinucci, vengono i dittatori hondureñi degli anni ‘70/’80, Juan Castro, Policarpo Paz Garcia e Humberto Hernandez."
Insomma, davvero gli USA, che dalla base honduregna di Palmerola hanno governato le sorti della regione, non hanno oggi sufficiente influenza da ristabilire l'ordine nella regione?
Oppure dietro la facciata diplomatica vi sono altri obiettivi?

Ci sono delle cose da dire sulla Costituzione che Zelaya chiede al popolo honduregno di poter cambiare.
L'Honduras è di fatto proprietà privata della ex United Fruit Company (oggi Chiquita), che ha condizionato fin dalla fine del XIX i governi, dittatoriali o costituzionali, che hanno retto il Paese.
L'attuale Costituzione, che risale al 1982, è opera della penna del generale Policarpo Paz, dittatore immancabilmente scelto dalla United Fruit e sostenuto dalla CIA. Essa da un lato aprì la possibilità a libere elezioni, che diedero la presidenza a Roberto Suazo Cordoba, dall'altra diede ai reali padroni dello stato la possibilità di continuare far sparire impunemente le persone nelle camere di tortura, esattamente come prima.
Essa ha permesso che si mantenesse uno stato di disparità sociale in cui l'80% delle persone vive in povertà, mentre il 75% della terra appartiene a 225 latifondisti!

Inoltre, chi si scandalizza per le modifiche proposte alla Costituzione, omette il fatto che è già stata modificata nello stesso anno in cui era stata promulgata, il 1982, e di nuovo nel 1984, 1985, 1986, 1987, 1988, 1989, 1990, 1991, 1993, 1994, 1995, 1996, 1997, 1998, 1999, 2000, 2001, 2002, 2003, 2004 e 2005. Lo stesso articolo 239, quello che proibisce perfino di “proporre” la rieleggibilità del presidente, è stato modificato nel 1998, quindi nel 2002 e di nuovo nel 2003 senza scandalizzare più di tanto i nostri giornalisti.


Manuel Zelaya, liberale eletto nel 2006 dalla destra moderata in un paese ostaggio della piccola a grande delinquenza, ha ritenuto che il solo strumento per risollevare il livello di sviluppo umano ed economico del Paese fosse una redistribuzione più equa delle risorse. Così, decise di aderire all’ALBA, l’Alternativa Bolivariana  per i Popoli d’America, un progetto di cooperazione politica, sociale ed economica tra i paesi dell’America Latina ed i paesi caraibici, promossa dal Venezuela e da Cuba, e successivamente da Nicaragua, Ecuador e Repubblica Dominicana, in alternativa all’Area di Libero Commercio delle Americhe (ALCA) voluta dagli Stati Uniti, considerandola l'unica scelta realistica possibile.

Oggi, l'occultamento della feroce repressione della contestazione popolare in Honduras è chiara espressione di quanto ancora i potentati economici possano dettare l'agenda della politica.
Ridimensioniamo i troppo facili entusiasmi e le ancor più facili disillusioni nei confronti di Obama! Siamo sempre vigili, sempre attenti alle verità troppo facili che l'informazione ci serve in tavola, in America come in Medio Oriente, in Africa come nelle nostre città padane.
Facciamoci interrogare dalla vita, dalla storia e, soprattutto, restiamo sempre umani.

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29/9/2009: Aggiornamenti sulla situazione nel mio successivo post: L'Honduras resiste

2.8.09

El Diamante

Don Balthasar Jaime Martínez Compañón y Bajanda fu un religioso navarro del XVIII secolo che venne inviato come cantore presso la cattedrale di Lima, in Perù. Era un personaggio colto, curioso, interessato all'arte ed alle scienze, un illuminista.
Don Balthasar fu nominato vescovo dell'immensa provincia di Trujillo, a nord di Lima, ed egli pensò bene di farsi scortare nelle sue visite "pastorali" attraverso montagne e foreste ancora sconosciute agli europei da una squadra di disegnatori. Il risultato fu un'immensa mole di disegno di tutto ciò che al vescovo parve degno di nota: piante, animali, strumenti musicali, oggetti artistici delle civiltà precolombiane, piante di città... Riunito in 9 volumi, questo vero e proprio tesoro per le scienze naturali ed umane fu inviato al re di Spagna e si trova oggi nella biblioteca del Palazzo Reale.

Nel complesso di questo sguardo esaustivo sulla natura e la cultura del Perù dell'epoca, troviamo anche la trascrizione sommaria di alcuni brani musicali: canzoni e danze strumentali, che testimoniano la contaminazione tra la musica indigena e le forme colte e popolari della musica spagnola.

Eccovi alcuni brani nella versione di  Albalonga diretta da Aníbal Cetrangolo (PERU-EL DIAMANTE, OPUS111, OPS 30-265)


Cachua al Nascimiento de Christo Nuestro Señor.
Tonada en contracanto para bajo y tamboril para baylar cantando.
Si tratta dell'unica canzone sopravvissuta con testo in mochica, anche se con l'interpolazione di qualche parola spagnola; non si conosce il significato del testo.

Bayle del Chimó a violìn y bajo. Bayle de danzantes con pifano y tamboril se bailarà entre cuatro y ocho o más con espada en mano o pañuelos (fazzoletti), en forma de contradanza. 
Il chimo è una pasta di tabacco, che gli indigeni usavano masticare. Oggi la tradizione si ritrova ancora in Venezuela.
Tonada El Diamante.
"Infelici occhi miei, cessate di tormentarmi con il pianto, poiché i fiumi che ho versato sono gli specchi degli oltraggi che ho subìto"
Lanchas para bailar.
Cachua a voz y bajo al Nascimiento de Christo Nuestro Señor.
"Signori, poiché è Natale, lasciateci cantare e ballare come è d'uso nella nostra terra"

Sergio Leo, Antonio Dominighini, voci
Enrico Parizzi, violino
Albalonga, dir. Anibal Cetrangolo

10.6.09

Massacro in Amazzonia

PERCHÉ GLI INDIGENI DEL PERÙ CI RIGUARDANO

Gennaro Carotenuto
(09 giugno 2009)

È finora di una quarantina di morti e di centinaia di feriti il bilancio dell’uso della forza da parte del governo peruviano di Alan García, uno degli ultimi in America latina che al consenso degli elettori continua ad anteporre, come se fossimo ancora nei decenni neri di fine XX secolo, quello di Washington.
 
Il conflitto tra gli indigeni dell’Amazzonia e il governo di Lima (del quale demmo conto qui e qui) ha avuto così lo sviluppo più sanguinoso possibile che in queste ore sta provocando una vera e propria caccia all’uomo con almeno uno dei dirigenti indigeni più in vista, Alberto Pizango (nella foto), costretto a chiedere asilo politico in Nicaragua. Non poteva averne altro in un paese come il Perù, tra gli ultimi ad essere retto da un governo ortodossamente neoliberale e che si è legato mani e piedi firmando un trattato di libero commercio che è all’origine dell’attuale crisi.

È infatti il TLC tra Perù e Stati Uniti che “privatizza” una dei patrimoni mondiali più importanti per biodiversità dell'intera umanità, aprendolo allo sfruttamento da parte delle multinazionali del petrolio, del gas, dell’acqua e del legname e sottraendolo alle popolazioni indigene che lo considerano loro assegnato per diritto ancestrale. È sempre il TLC che sottrae completamente alla sovranità peruviana il territorio. Le compagnie multinazionali, sono infatti libere di sfruttare il territorio senza essere obbligate ad alcuna mediazione con chi, come gli indigeni, su quel territorio ci vive. Siamo così al muro contro muro, con il governo di Lima che usa la violenza perché non ha altra scelta che rispettare i patti con Washington e le comunità indigene che stanno combattendo una battaglia per la loro sopravvivenza.

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