23.6.09

Verso dove?

Cari amici e care amiche, ho letto con grande interesse su Agoravox un articolo appassionato di Cesare Lazzini: Verso una vera Rinascita Democratica, e le riflessioni che ne ho tratto, troppo lunghe per farne un commento, le metto qui in forma di post.

Caro Cesare, quando ho letto il titolo del tuo pezzo avevo pensato che tu intendessi parlare di tutt'altro, cioè della realizzazione del "Piano di rinascita democratica" della P2 che vediamo svolgersi "magicamente" sotto i nostri occhi. Invece ci parli di crisi economica, di distacco della casta politica dai cittadini, in termini chiari, diretti, efficaci; mi è parso uno strumento intelligente ed utile, visto che la gente si annoia a dover impegnare il cervello nel capire qualcosa, ed è rassicurata da chi afferma che il problema non sussiste, magari ostentando disprezzo verso coloro che dissentono.


Ma vorrei tornare al titolo che mi aveva colpito. Che tu l'abbia usato con più o meno consapevolezza, il famigerato Piano della P2, che perseguiva la delega totale del potere ad un'oligarchia che non potesse essere messa in discussione, anche attraverso un uso sapiente della manipolazione mediatica, ritorna centrale nel discorso che riguarda l'isolamento della casta dei "manovratori".
Forse sarebbe perfino ingeneroso attribuire tutta la responsabilità alla P2, visto che anni prima intellettuali di valore, Pasolini in testa, avevano individuato la deriva culturale, "la scelta coatta ormai comune a tutti gli italiani".
Il bombardamento ideologico televisivo non è esplicito: esso è tutto nelle cose, tutto indiretto.
Ma mai un «modello di vita» ha potuto essere propagandato con tanta efficacia che attraverso la televisione. Il tipo di uomo o di donna che conta, che è moderno, che è da imitare e da realizzare, non è descritto o decantato: è rappresentato! Il linguaggio della televisione è per sua natura il linguaggio fisico-mimico, il linguaggio del comportamento. Che viene dunque mimato di sana pianta, senza mediazioni, nel linguaggio fisico-mimico e nel linguaggio del comportamento nella realtà. Gli eroi della propaganda televisiva -giovani su motociclette, ragazze accanto a dentifrici- proliferano in milioni di eroi analoghi nella realtà.
   (P.P.Pasolini, "Scritti corsari")

Per questo, caro Cesare, anche se ammiro la tua forza, la tua fede, non sono d'accordo quando dici: "l’Italia non pensa con le vostre teste, politici imbellettati, è ormai chiaro ai più, la voce dell’Italia siamo noi cittadini: si invertono i ruoli, l’Italia siamo noi "e voi non siete un cazzo". (...) Una nuova classe politica vi spazzerà via presto con la forza delle idee".
Piuttosto, concordo con Ascanio Celestini sul fatto che "il popolo è un bambino".
Questo bambino, tenuto all'oscuro di tutto, anche se ha già i capelli bianchi, prima di ribellarsi ha bisogno di prendere coscienza di sé attraverso un percorso di educazione civile, alla don Milani o alla Danilo Dolci, per intenderci.

Ritengo che non dobbiamo disperdere tutte le nostre forze nella frustrazione dell'attesa di una rivoluzione che non arriverà mai, ma piuttosto costruire giorno per giorno, mattone per mattone, ognuno nell'ambito della sua attività e della sua vita, i muri maestri di un'umanità libera. Un'umanità non massa, dedita alla sollecita cura dei valori dell'incontro, dello scambio tra persone, della creatività, della tenerezza, del rifiuto del "virus del dominio" che irretisce, allontana da sé, dal proprio corpo e desiderio, riduce "le creature come molecole di cui nel complesso sia esattamente prevedibile, controllabile e regolabile dall'esterno il movimento comportamentale: come in liquidi amorfi, aumentandone l'energia disponibile e il consumo, in vortici poveri di senso" (D. Dolci, "La creatura e il virus del dominio", L'Argonauta, Latina, 1987).

Rinforziamo le nostre difese immunitarie e, finalmente, cominciamo a crescere.

20.6.09

I love Papi


A Napoli, quest'anno, fa faville il tipo soldo di cacio settantenne con pochi capelli e un po' infantile.

Si preannunciano torpedoni in arrivo dalle case di riposo di tutta Italia.

Per il prossimo anno, invece, si preannuncia un ritorno di fiamma della gobba.
Sempre che nel frattempo Andreotti non si decida a tirare le cuoia.

19.6.09

L'eterna lotta tra Bene e Male

A leggere una buona parte dell'informazione italiana, la situazione in Iran sembra chiara, lampante: da una parte i buoni, democratici, laici, moderati, combattenti per il cambiamento, la libertà, la modernità, dall'altra i cattivi, gli ayatollah, sostenitori della sharia, liberticidi, antisemiti, ecc. ecc.



Al punto che ieri, a proposito delle elezioni in Iran, ho sentito perfino parlare di "colpo di stato".

Riporto uno stralcio di un articolo molto citato in questi giorni, scritto da Lucia Annunziata per la Stampa del 16 giungo scorso.
C’è un solo parallelo capace di descrivere la sanguinosa rivolta in corso in Iran: Tienanmen. (...) Sia la Cina allora sia l’Iran adesso sono infatti sistemi basati sullo stesso principio, lo stesso pilastro: sono cioè entrambi governi di natura teocratica, fondati sulla pretesa di rappresentare l’intera nazione, senza dubbi e senza dissidenza, in quanto espressione di una autorità superiore, intoccabile. Rompi l’intoccabilità di questa origine prepolitica o superpolitica, e rompi il pilastro stesso su cui questi governi si reggono. Il dio della Cina era allora il Partito comunista, quello di Teheran è oggi Allah, ma in entrambi i casi la pubblica rivolta indica che la loro identità di intoccabili è saltata.(...) Ieri a Teheran è avvenuta la prima rivolta della piazza contro le autorità, dalla rivoluzione del 1979. Tienanmen rivelò che nel cuore del Partito comunista stesso c’era una spaccatura, ieri a Teheran si è messa in piazza l’esistenza di due anime, e di due concetti religiosi, dentro il cuore di un sistema apparentemente granitico.
Per cominciare, non mi risulta che quelle di questi giorni siano le prime proteste di piazza contro il regime iraniano dalla rivoluzione in poi. Per esempio, in questo articolo (in inglese) del 2006 si parla della feroce repressione di alcune manifestazioni di donne nel marzo e giugno di quello stesso anno e si sostiene (ma sull'autenticità di questa notizia non metto la mano sul fuoco) che il regime sia circondato da proteste di massa di lavoratori, donne, disoccupati e studenti. Inoltre, è noto che vi furono proteste studentesche già nel 1999, culminate il 9 luglio (data divenuta simbolica per il dissenso  iraniano) con la strage compiuta dalle forze religiose nei dormitori delle università, e  di nuovo nel 2006.

Poi, non mi pare proponibile il parallelo con la Cina degli anni '80. Quello, era un paese dove libere elezioni multipartitiche erano fuori discussione. Ciò che accadeva all'interno della Cina di Deng era filtrato in maglie così strette nei media che ancora oggi non abbiamo notizie certe né della dinamica dei fatti, né delle vittime. La spaccatura all'interno del Partito Comunista fu rapidamente suturata, a spese dei civili uccisi ed incarcerati. L'élite cinese poi prese gradualmente la via dell'arrembaggio al mercato, coi risultati che conosciamo, ed oggi nessuno si prende la responsabilità di fare le pulci al governo cinese sul rispetto dei diritti umani, come si è visto in occasione delle Olimpiadi.
Ancora adesso, la Cina censura Internet.

Il regime iraniano in questi giorni ha cominciato a fare lo stesso. E' molto grave, ma non più della censura cinese.
E inoltre, ricordo anche che proprio il nostro paese, che si permette di dare lezioni di democrazia ai regimi confessionali islamici, sta approntando delle leggi per il controllo di internet: dopo l’art.60 del “pacchetto sicurezza” ddl 773, dopo la proposta di legge Cassinelli e l’istituzione di una commissione contro la pirateria digitale e multimediale, sta arrivando la legge Carlucci. Per una più ampia trattazione vi rimando a Italian Spot.

Infine, quando l'Annunziata dice "le autorità" , chi legge si immagina che le proteste di piazza a Teheran siano globalmente contro il regime degli ayatollah. Eppure, Mousavi non è un novellino: è già stato Primo Ministro dal 1981 al 1989, durante gli ultimi anni dell'era Khomeini, sotto la presidenza di colui che  succederà a Khomeini nel ruolo di Guida Suprema: Ali Khamenei. Secondo alcuni, Mousavi passò politicamente dalla parte dei riformatori solo più tardi.
Al suo fianco, combatte uno degli uomini più potenti dell'Iran: Ali Akbar Hashemi Rafsanjani . Uomo d'affari, non molto portato per la teologia, fedelissimo di Khomeini, fu uno degli uomini-chiave del Consiglio Rivoluzionario dell'Iran fin dagli esordi della Repubblica Islamica. In qualità di presidente del Consiglio d'Esame Rapido, per quanto ne so, non solo è la seconda personalità più potente d'Iran, ma anche il solo che teoricamente, in casi particolari, può destituire la Guida Suprema Khamenei.

Quanto al risultato delle elezioni in un'ottica internazionale ed alle sue conseguenze, soprattutto per quello che riguarda il dialogo con gli USA, sono abbastanza d'accordo con Lucia Annunziata:
La vittoria di Mousavi non sarebbe stata comunque serena e pacifica; avrebbe provocato in ogni caso una spaccatura in Iran, di natura molto più velenosa della attuale. Già adesso i riformisti iraniani sono identificati come fantocci dell’imperialismo Usa. Una loro affermazione avrebbe portato i conservatori a un contrattacco di delegittimazione, sollevando davanti a un popolo fieramente indipendente e religioso, come quello iraniano, lo spettro dell’intervento americano. E come in questi anni abbiamo visto tragicamente ripetersi (non possiamo che rimandare all’Iraq), la carta del golpe Usa è sempre la più efficace nella propaganda nazionalistica di molti paesi - arabi e/o africani, e non solo.
Il rischio della vittoria riformista era dunque quello di rendere apparentemente tutto più facile, ma anche più fragile.

Pur con sfaccettature diverse, non si discosta molto l'opinione di Lucio Caracciolo su Limes:
Lo scopo ultimo della trattativa con Washington che quasi tutti i leader iraniani vogliono – con toni e in modi diversi – è la piena accettazione dell´Iran come grande potenza islamica nella regione e nel mondo. Dunque, se Teheran apre il tavolo del negoziato vero, a 360 gradi, la parola d´ordine è: vietato fallire.
Lo stesso vale per Obama. Per questo evita di impelagarsi nella partita iraniana, contando che la protesta si sgonfi abbastanza in fretta. Non è uomo da "rivoluzioni colorate". Crede che il cambiamento sia necessario e possibile, ma non attraverso interventi militari o complotti dell´intelligence – in Iran nessuno ha dimenticato la defenestrazione di Mossadeq per mano della Cia, più di mezzo secolo fa. E' il dialogo che mina i regimi. Non lo scontro frontale che spesso li cementa.
E' chiaro che per Obama trattare con Ahmadinejad significa rischiare l´osso del collo. Moussavi, che nella sostanza non è così diverso dal suo eversore, ci avrebbe almeno messo una faccia nuova, non sporcata dalle contumelie antisemite del presidente attuale
.
Ancor più radicalmente di Caracciolo, io credo che ottenere qualcosa da Ahmadinejad, in un negoziato serio e non puramente di facciata, avrebbe la garanzia di essere un risultato più duraturo che non da Mousavi; quest'ultimo sarebe sicuramente più malleabile, ma un giorno che tornassero i conservatori al potere tutto il lavoro diplomatico diverrebbe carta straccia.

In tutto ciò, tutto sommato, non sappiamo ancora chi abbia ricevuto più voti in queste elezioni. Io credo che potrebbe anche essere  davvero Ahmadinejad.

-- oo + oo --

A conclusione di questa rapida panoramica su ciò che è e ciò che appare, ciò che conviene e ciò che conviene evitare, ciò che è simile e ciò che vuol sembrare diverso, vi lascio con una dichiarazione del presidente confermato, da euronews:
Il presidente iraniano Ajhmadinejad si è sentito in dovere di spiegare l’uso del termine “polvere” utilizzato nei giorno scorsi in riferimento ai dimostranti. “Sono persone che alzano la tensione - ha detto – e attaccano la gente. Non fanno parte della nazione. Sono degli alieni”
Questo perché, di nesso in nesso, quando l'ho letto mi ha ricordato, pari pari, lo stile, la modalità comunicativa, la tipica demonizzazione delle proteste di piazza da parte di un altro politico di successo.
Sì, proprio lui: il nostro amato Presidente.

 

18.6.09

Vicenza Ukulele Fest

27-28 Giugno 2009    Teatro Astra, Vicenza


Paul Moore  - Rob Mac Killop - Veronica Sbergia - Max de BernardiYan Yalego - Carlo de Toma (Jazzlele) - The Uke Box - Jaynickel & ZAZA - Aaron Keim

Concerti - workshops - mercatino - sessions - danze - e magari incontrate la Cometa

Peace & Uke
.

17.6.09

Verona sull'orlo di una crisi di nervi

Profilo basso e sornione in questo periodo per la vostra Cometa di fronte al teatrino politico: li guardo sotterrarsi, letteralmente. Con un certo gusto e soddisfazione.





Nella provincia di Verona, dove vivo, alcuni comuni nelle ultime elezioni sono passati dal centro-sinistra alla Lega. I sindaci, desiderosi di mostrare subito la loro voglia di fare, si ispirano al loro faro che siede sul seggiolone del capoluogo veronese, Flavio Tosi, ed emettono ordinanze (poco) creative e (molto) repressive a raffica.

A questo proposito, segnalo l'interessante guida al mondo dell'ordinanza creativa dell'amministrazione veronese, creata per il festival Brutti Caratteri 2009.

Il "modello Tosi", però, si dimostra assai meno accattivante se lo si vive come cittadini. Vi ho già parlato dello sgombero del ritrovo di piazza Dante. Lì si tratta di uno spazio di ritrovo spontaneo molto amato, contrapposto a quello più esclusivo (conquistato anche a suon di mazzate) dell'adiacente piazza Erbe. Solo che in quest'ultimo spazio la presenza dei bar ha determinato licenza di schiamazzo, stereo a palla, divertimento etilico a suon di frantumazione di bicchieri e bottiglie e rissa libera fino alle 2 di notte ed oltre, mentre nell'altro alle 22 scattano ammende salate e sgombero coatto.

Il bavaglio per chitarre e bonghi di cui vi avevo raccontato ha prodotto un curioso effetto domino. Perché il silenzio cala alle 22 solo sugli abitanti di piazza Dante (a occhio e croce, penso si tratti al massimo di 5 o 6 famiglie) , mentre gli altri si devono munire di doppi vetri alle finestre? A pochi giorni di distanza, da tutto il centro storico giungono proteste di rumori molesti: dalle feste private agli spettacoli al Teatro Romano o all'Arena, ogni suono è divenuto insopportabile per una bella fetta di città che si corica subito dopo Carosello.

Il sindaco si trova così schiacciato tra il tentativo di rianimare un turismo sempre più asfittico, "mordi e fuggi", mediante eventi areniani ad alto potenziale nazional-popolare nonché sonoro (i Wind Music Awards, Cocciante, i Killers, Tiziano Ferro, la Pausini, Elton John, Anastacia) e la necessità di accontentare i talebani del "decoro".



Brutta gatta da pelare.

Tanto più che i commercianti non sono mai contenti.
Una volta pretendevano che la circolazione delle auto in centro fosse liberalizzata, soprattutto nelle vie commerciali. E così, si è annunciata nel programma elettorale la rimozione delle telecamere all'ingresso della Zona a Traffico Limitato (nulla è successo: il Tosi non è tipo che mantenga d'impulso qualsiasi promessa elettorale), si sono avviati i lavori per nuovi parcheggi in centro e si è favorito il traffico privato a discapito di quello pubblico.
Ora, invece, residenti e bottegai lamentano il traffico insostenibile ed invocano a gran voce più isole pedonali.
Oltre a questo, gli esercenti della zona storica, riuniti in un coordinamento, lamentano troppi militari, troppe ronde, troppi posti di blocco, troppa rigidità: ammende per un vaso di fiori fuori posto o un tappeto srotolato, sbigottimento dei visitatori esteri di fronte alle ridicole ordinanze. Un calo generalizzato del "giro", di cui si accusa la politica del "decoro".

Intanto, sempre a garanzia del "decoro", non accennano a calare gli episodi di violenza in città. Spesso le bande sono formate da giovanissimi (era un minorenne perfino l'aggressore al procuratore capo Schinaia, titolare di alcune indagini su violenze a carico di gruppi di estrema destra); altre volte basta un po' di nervosismo, uno sguardo storto, un rallentamento stradale, per scatenare la violenza.

Giulietta ha traslocato.

./.\.

12.6.09

L'alba di un nuovo giorno

Arrivano i primi effetti del voto europeo delle scorso week-end.

Il premier Berlusconi paga a Bossi il pedaggio per la sua fedeltà, e a valle del successo elettorale della Lega, "molla" il referendum che aveva tanto sostenuto.

Franceschini potrebbe fare lo stesso, cercando di allargare così il campo dei suoi alleati versi i piccoli partiti alla sua sinistra e l'UDC.  Potrebbe, ma non lo fa. Forse manca l'intelligenza politica, forse il coraggio e le spalle larghe. O forse la strategia è ancora e sempre quella di eliminare le formazioni minori a tutti i costi. Anche a costo del suicidio politico.

Approvato alla Camera il ddl sulle intercettazioni (il testo sintetizzato qui): meno potere di indagine ai magistrati e bavaglio alla stampa, controllo politico sulle intercettazioni agli agenti dei servizi segreti.

Mafia e affini ringraziano i loro rappresentanti in Parlamento. Anche quei 20 dell'opposizione che hanno votato a favore. Hanno perso le elezioni, ma hanno capito dove tira il vento. Bravi picciotti.

Applaude un popolo cretino dalla coscienza sporca.

-----///------

P. S. senza importanza :
Teatrino di Beppe Grillo in Parlamento.

Agli entusiasti suoi sostenitori, voglio dire una cosa.
Vi sentite tanti, una potenza.
In questo periodo avete dato Berlusconi per spacciato, stigmatizzando il fatto che i suoi comizi si sono svolti in spazi ristretti per non far notare la scarsa partecipazione, con servizi d'ordine che hanno selezionato il pubblico perché non si avessero contestazioni. Comizi televisivi, avete detto.


Spacciato...
Ora, chi non è d'accordo con lo status quo ha due alternative: o votare un partito che non abbia compromissioni col potere, o fare la rivoluzione.
Ma questi milioni di grillisti, queste masse immani di persone, dov'erano al momento del voto? Forse occupate a fare la rivoluzione?
Io temo che fossero occupate in altre attività...


....

10.6.09

Massacro in Amazzonia

PERCHÉ GLI INDIGENI DEL PERÙ CI RIGUARDANO

Gennaro Carotenuto
(09 giugno 2009)

È finora di una quarantina di morti e di centinaia di feriti il bilancio dell’uso della forza da parte del governo peruviano di Alan García, uno degli ultimi in America latina che al consenso degli elettori continua ad anteporre, come se fossimo ancora nei decenni neri di fine XX secolo, quello di Washington.
 
Il conflitto tra gli indigeni dell’Amazzonia e il governo di Lima (del quale demmo conto qui e qui) ha avuto così lo sviluppo più sanguinoso possibile che in queste ore sta provocando una vera e propria caccia all’uomo con almeno uno dei dirigenti indigeni più in vista, Alberto Pizango (nella foto), costretto a chiedere asilo politico in Nicaragua. Non poteva averne altro in un paese come il Perù, tra gli ultimi ad essere retto da un governo ortodossamente neoliberale e che si è legato mani e piedi firmando un trattato di libero commercio che è all’origine dell’attuale crisi.

È infatti il TLC tra Perù e Stati Uniti che “privatizza” una dei patrimoni mondiali più importanti per biodiversità dell'intera umanità, aprendolo allo sfruttamento da parte delle multinazionali del petrolio, del gas, dell’acqua e del legname e sottraendolo alle popolazioni indigene che lo considerano loro assegnato per diritto ancestrale. È sempre il TLC che sottrae completamente alla sovranità peruviana il territorio. Le compagnie multinazionali, sono infatti libere di sfruttare il territorio senza essere obbligate ad alcuna mediazione con chi, come gli indigeni, su quel territorio ci vive. Siamo così al muro contro muro, con il governo di Lima che usa la violenza perché non ha altra scelta che rispettare i patti con Washington e le comunità indigene che stanno combattendo una battaglia per la loro sopravvivenza.

Continua su Latinoamerica.

5.6.09

Ieri, oggi e domani

Io e la mia compagna abbiamo due percezioni diverse sull'attuale svolta autoritaria della politica italiana.

Lei ritiene che non potrà mai più esserci un regime liberticida che ricalchi il ventennio fascista; la società attuale non sarebbe disponibile a vendersi la libertà di parola o di associazione, il multipartitismo e tutte le cose a cui è abituata e che considera “normali”, dovute; è certa che non torneranno le squadracce a prenderti solo perché ti sei espresso contro il regime di fronte a testimoni.
Io invece credo che il popolo italiano abbia avuto troppa fretta di autoassolversi per le malefatte della guerra e del fascismo e sarebbe pronto, in totale incoscienza, a rifare gli errori del passato; che l'impero coloniale e l'antisemitismo non sono riproducibili solo perché impresentabili nel quadro della politica internazionale.

Io penso che il razzismo sia tornato, come allora, accanto al nazionalismo (tra i nazionalismi ci metto anche quelli regionali delle varie leghe padane, montane e marine), lei che non sia altro che rivalsa di ex-poveri contro i nuovi poveri.
Ma secondo lei, quello che sta arrivando è un regime in doppiopetto forse peggiore del fascismo, infido, subliminale, che prima inibisce il bisogno di libertà della gente, annulla lo spirito critico attraverso i media, poi, eventualmente, legifera in tal senso, senza clamore né opposizione efficace. Un sistema che elimina la libertà spegnendone il desiderio dentro di noi.


Questo scenario che lei prospetta mi ha fatto venire in mente qualcosa. Anche a voi?
Ecco qui: il Piano di rinascita democratica della Loggia P2.
La manipolazione dell'informazione e dell'opinione della gente vi è espressa chiaramente:
Occorrerà redigere un elenco di almeno 2 o 3 elementi per ciascun quotidiano o periodico in modo tale che nessuno sappia dell'altro. L'azione dovrà essere condotta a macchia d'olio, o, meglio, a catena, da non più di 3 o 4 elementi che conoscono l'ambiente. Ai giornalisti acquisti dovrà essere affidato il compito di "simpatizzare" per gli esponenti politici come sopra prescelti (...)
In un secondo tempo occorrerà:
a) acquisire alcuni settimanali di battaglia; b) coordinare tutta la stampa provinciale e locale attraverso una agenzia centralizzata; c) coordinare molte TV via cavo con l'agenzia per la stampa locale; d) dissovere la RAI-TV in nome della libertà di antenna ex art. 21 Costit.”


Evidentemente, non è poi parso opportuno procedere a quest'ultima fase. Oppure è ancora da venire.
Nel piano, il quadro politico è dipinto con agghiacciante puntualità: il bipartitismo, il controllo dei media, la coincidenza tra potere economico e politico.
Si trovano espresse anche alcune istanze che hanno fatto e ancora fanno parte, guarda caso, dell'attuale agenda politica: il ritorno dei capitali dall'estero (lo “scudo fiscale”), la riforma della magistratura (riforma del CSM per porlo sotto il controllo del Parlamento, separazione e riorganizzazione delle carriere), riforma della Corte Costituzionale per limitarne le competenze e penalizzare i giudici che ne fanno parte, nuove leggi elettorali, l'abolizione delle province, la riduzione del numero dei parlamentari.
Pensiamoci, quando entriamo nella cabina elettorale.
“Guardo il Paese, leggo i giornali e penso: ecco qua che tutto si realizza poco a poco, pezzo a pezzo. Forse sì, dovrei avere i diritti d'autore. La giustizia, la tv, l'ordine pubblico. Ho scritto tutto trent'anni fa”
(Licio Gelli, intervistato da Concita de Gregorio per Repubblica, 28/9/2003)

Il denaro come schiavitù psicologica

Condivido con voi questo articolo che ho trovato molto interessante, da Fantapolitik.

Nell’antica Grecia era chiamato l’Essere, nel Medioevo Dio, nel Rinascimento la Natura. Nell’Illuminismo è diventato l’Individuo e nel mondo moderno il Denaro. Ogni epoca ha avuto il suo massimo referente culturale. Ma, ad ogni tappa della storia, la civiltà è scesa di un gradino, personalizzando l’archetipo, abbassandolo a principio razionale, a soggetto tangibile, infine a semplice cosa. Ma il denaro è ben più di una semplice cosa, è un simbolo, è il centro di una deforme ma seducente metafisica. Intorno al denaro si è creato un invisibile impero mondiale, cui obbediscono la cultura, la politica, la scienza, le arti, la vita quotidiana di ognuno. Si tratta di qualcosa che racchiude un richiamo alla potenza. Giacché, attraverso di esso, in una società che fa coincidere la realizzazione sociale con la quantità di denaro posseduta, l’uomo ha il potere di ottenere ciò che vuole. Compreso il potere sulle coscienze. L’avere o il volere molto denaro va oltre la semplice disponibilità materiale. Va oltre anche il dato economico. Investe gli aspetti psicologici della personalità, li condiziona, spesso li padroneggia. In questo valore metafisico attribuito al denaro, già Nietzsche individuò l’elemento tipico di un’attitudine non economica, ma appunto psicologica, presente in un certo tipo d’uomo di bassa lega. In Aurora del 1887, leggiamo: «Quel che si faceva un tempo “per amore d’Iddio”, lo si fa oggi per amore del denaro, cioè per amore di ciò che oggi dà sentimento di potenza e buona coscienza al massimo grado».
La libidine di denaro è quella specie di invasamento che ha soppiantato le figure della trascendenza, pervenendo a una pervertita disposizione all’adorazione. Una vera mistica invertita di segno, ma egualmente in grado di possedere l’anima. La patologia del vitello d’oro, in cui si era ravvisata - dall’antichità fino all’avvento della borghesia - una tipologia umana di rango inferiore, divenne a un certo punto l’anima della civiltà, il suo credo interiore, il motivo del suo esistere. Si era appena agli inizi del moderno capitalismo, quando Marx - tra i primi e i più violenti - condannò la metamorfosi del denaro da mezzo per gli scambi a idolo divinizzato, scaricandone la responsabilità sugli ebrei: «Il denaro è il geloso dio d’Israele, di fronte al quale nessun altro dio può esistere…Il dio degli ebrei si è mondanizzato, è divenuto un dio mondano. La cambiale è il dio reale dell’ebreo…». Tuttavia, l’avvento del denaro in qualità di dispotico regolatore dei destini non è stato il passaggio da un totem metafisico ad uno materiale. L’idolatria del denaro non è esattamente il culto per un oggetto: molto più sottilmente, nella società scaturita dal dominio liberaldemocratico, ciò che viene sottoposto ad adorazione non sono tanto i soldi, quanto il significato di potenza cui essi rimandano. Il potere dei soldi è soprattutto immateriale. Questo è il cuore della loro pericolosità.
Mai come oggi, queste vecchie intuizioni sono giuste: la presente dittatura mondiale della finanza, fondata sulla creazione dal nulla di denaro virtuale e sulla circolazione di ricchezza telematica, del tutto astratta dal lavoro, ne è la più schiacciante conferma. L’idea di accumulo, essenziale nella mentalità acquisitiva e utilitarista, è un’idea totalitaria. Guida gli atti e governa le menti. Di più: è come l’offerta sacrificale dell’animista, raccoglie e ammassa valore in lode di una onnipotenza. Verso la fine dell’Ottocento, il sociologo Georg Simmel [nella foto sopra] si occupò proprio di questi aspetti per così dire filosofici e trascendenti del denaro. Il mito della ricchezza crea stati d’animo, incide sugli immaginari, decide sui valori. Nel suo breve scritto risalente al 1889, La psicologia del denaro, recentemente ripubblicato dalle Edizioni di Ar, Simmel precisava le intuizioni di Marx e Nietzsche: il denaro, come un nuovo e degenere Dio assoluto, infonde pace e sicurezza nei suoi devoti, ricoprendo la stessa funzione di elemento supremo. Una divinità assolutista che non riconosce più le appartenenze storiche. Nessuna lega, associazione, classe, casta o nazione vale più di fronte all’irrompere del denaro. Principio democratico assoluto e assoluto livellatore delle differenze antropologiche, il denaro offre a ognuno, basta che lo voglia e lo sappia maneggiare, la possibilità di realizzare le proprie aspettative materiali e simboliche. Col denaro, ogni qualità umana si annulla: avendo denaro, chiunque può affermarsi, indipendentemente dal suo valore come uomo. Certo, perché si diffondesse la fede in questo mezzo di scambio elevato a idolo, c’era stato bisogno che diventasse egemone quel tipo bio-psichico particolare che è il borghese.
Alla festa del mercato riesce bene quel genere di uomo malato col cervello di bambino di cui parlava Sombart. Il capitalista come adolescente immaturo, che vuole i suoi balocchi sempre più grandi, sempre più numerosi…Una volta andato al potere questo sotto-tipo umano, la seduzione del denaro non ha trovato più ostacoli…ed oggi le figure egemoni sulla scena del capitalismo saranno altrettante controfigure dell’effimero e del fatuo, come effimeri sono i soldi e il mondo che promettono: il manager mondano, la starlette televisiva, l’intellettualino gay, i divi del pettegolezzo, lo speculatore filantropo…Simmel, già ai suoi tempi, realizzò che il denaro stava cambiando ruolo: da mezzo diventava fine, secondo un procedimento che definiva come «elevazione psicologica del mezzo alla dignità di scopo finale». Il mondo moderno è tutto giocato sull’attrezzatura psichica. Dalla cura psicanalitica somministrata alle masse borghesi per sostenerne la fragilità caratteriale fino alle manipolazioni propagandistiche del marketing, e fino ai ricatti psicologici che governano le leggi della Borsa, la psiche condizionata è oggi il luogo della decisione. La politica non esiste. Il mito comunitario è affossato. Si ha un intero sistema mondiale che si regge sulla virtualità del denaro finanziario e sulla finzione del possesso materiale ottenuto per via speculativa. E certo Simmel è stato acuto e precoce nell’osservare che l’omologazione capitalistica comprende l’azzeramento della diversità qualitativa dell’uomo, la sua riduzione a semplice oggetto casuale di possesso: «Il fatto che nel traffico monetario una persona abbia il medesimo valore di un’altra, si fonda su di una semplice circostanza: nessuna di loro vale, a valere è soltanto il denaro».
La sociologia tedesca tardo-ottocentesca è importante perché studiò la società moderna come esito del dominio. Si combinava bene con la scuola sociologica italiana, che vide nella lotta delle élites il segreto della leadership politica. Se Max Weber individuò il dominio nella dialettica verticale comando-obbedienza, Simmel studiò invece più che altro l’aspetto orizzontale dei rapporti sociali, quelli incentrati sull’interazione-scambio. E quindi assegnò al denaro, che domina l’idea di scambio, un’importanza centrale nella società liberale. Era una discesa di valore. Una perdita di qualità per l’uomo. Nel suo libro del 1908 su Il dominio, Simmel scrisse che la concezione tradizionale della supremazia sociale manteneva inalterato il valore per l’altro, sia pure subordinandolo: per dire, il feudatario proteggeva e rispettava il suo contadino, cui riconosceva il ruolo della controparte sociale. Il mercante, invece, e il capitalista finanziario di ultima generazione in specie, che riconosce importanza solo al denaro, è per eccellenza l’egoista individuale, colui che non riconosce per nulla l’altro, ma solo se stesso e la propria determinazione all’accumulo. In una conferenza del 1896 sul denaro nella cultura moderna, Simmel sostenne che i reticoli sociali delle società tradizionali, ad esempio le corporazioni, erano associazioni di mestiere che curavano i loro interessi, ma soprattutto erano comunità di vita nelle quali l’individuo riconosceva i propri valori di affinità, reciprocità, comunanza. Al contrario, la società capitalistica ha promosso associazionismi che, diceva Simmel, «pretendono dai loro membri soltanto contributi in denaro o che mirano a un mero interesse monetario». Basta pensare all’associazionismo paramassonico dei miliardari americani (e ai suoi omologhi transnazionali: i vari Lyon’s, Rotary…), nel quale si attua la classica doppia faccia della morale usuraria: la beneficenza. Al beneficato, tuttavia, mai si dava o si dà in mano il denaro…al declassato spettava - e ancora oggi, da parte delle onlus, si attua lo stesso principio discriminante…- soltanto la merce (il piatto di minestra, il vestito), oppure la struttura (l’ospizio, il ricovero). È noto come, per il puritanesimo e per lo stesso san Tommaso, l’uso del capitale usurario per beneficenza conduca diritto all’indulgenza plenaria dei peccati…su questa specie di indulto teologico, del resto, nacquero i primi Monti di Pietà, con tutto quello che è seguito in termini di acquisto in solido della buona coscienza, fino all’attuale degenerata industria dell’accoglienza…
La smania di ricchezza, scrive Simmel in La psicologia del denaro, è sempre stata la via emancipatoria dei repressi (i liberti nell’antichità, gli ugonotti, gli ebrei…), ma secondo un processo storico che Francesco Ingravalle, nella sua postfazione, definisce di omologazione e di spersonalizzazione, tanto che può dirsi che sia il denaro a maneggiare l’uomo e non più l’uomo il denaro: «Il denaro emancipa l’individuo e, al culmine di tale processo di emancipazione, lo dissolve come individuo, speciale e irripetibile, esalta le qualità individuali in termini di “fantasia imprenditoriale” e poi le “standardizza”, le riduce a funzioni di un meccanismo globale e onnipervadente». Fino all’epoca moderna, la ricchezza era comunitaria. In Europa, la regola era che il contadino viveva sulla sua terra. Il demanio pubblico era a disposizione dei bisogni collettivi. Il raro latifondo era soggetto a una pletora di servitù e limitazioni. L’indebitamento del ceto contadino e l’espropriazione dei popoli data da quando il capitalista, padrone del grande mercato urbano e della decisione politica, ha trasformato il popolo prima in proletariato da soma, poi in borghesia universale sradicata. Karl Polany scrisse che in tal modo «una popolazione di dignitosi contadini veniva trasformata in una folla di mendicanti e di ladri». Su questa folla di precari allo sbando prospera il denaro dei pochissimi. Oggi è un denaro senza terra, senza lavoro né fabbrica, senza sacrificio, senza legami, senza origine, senza rapporto con la moneta e persino senza alcun reale valore.

di Luca Leonello Rimbotti
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3.6.09

Veneto (s)profondo

Rosolina Mare.
Incredibile, un posto con questo nome esiste davvero.
Stretta tra l'estuario dell'Adige ed il delta del Po, lascia alle spalle una triste ex-palude, comprendente l'isola di Albarella, proprietà della Marcegaglia, e si affaccia su un Adriatico asmatico, puzzolente, una brodaglia di sapori variegati a seconda di come butta la corrente.



Tardo pomeriggio. Afrore di corpi ancora malpreparati alla frittura estiva. Il sole sta abbassandosi dietro le file di ombrelloni, verso Occidente. Il mare a Levante. Nulla di nuovo, si dirà.



Arriva una coppia che si esprime in puro dialetto  lingua basso-veneta.
Magro e allampanato lui, dinoccolato fino alla disarticolazione, magra e ossuta lei, una femminilità conchiusa in un corpo duro, aspro, un volto non brutto ma scialbo, fissato in un'espressione da spasmo di colite,  con davanti i due enormi capolavori siliconici di qualche mago della chirurgia plastica.

Distendono gli asciugamani sulla spiaggia libera e si sistemano di fronte al mare. Insoddisfazione evidente. Lui estrae da una fiammante borsa da fotografo vari aggeggi ottici ed elettronici che dispone davanti a sé come giocasse ai soldatini, lei si spalma la crema.

Incapace di trasmettervi le sfumature del veneto, eccovi il loro dialogo in dialetto italico.
Lei, lamentevole: "Abbiamo sbagliato. Il sole non è dalla parte giusta!"
Lui, competente: "No. E' la spiaggia che sta dalla parte sbagliata."

......

Intanto, a Verona il procuratore capo Mario Schinaia veniva aggredito in una strada secondaria
Schinaia è il responsabile, tra l'altro, dell'inchiesta sull'aggressione di una ragazza in pieno centro storico ad opera di una banda composta di giovani appartenenti a Forza Nuova, della quale facevano parte anche gli assassini di Nicola Tommasoli.
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