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8.2.10

Memoria selettiva


Trieste, 27 gennaio. Giorno della Memoria.
La bora soffia sulla Risiera di San Sabba, le orbite vuote delle finestre sono spalancate in un urlo muto, assordante. Ogni pietra qui grida il suo monito, la sua memoria. Che oggi, però, sebra doversi far spazio a morsi in mezzo a un altro tipo di memoria che riempie il piazzale: la memoria d'ufficio, quella delle frasi di circostanza, quella che si rispolvera una volta all'anno; che a Trieste, e ancora di più qui in Risiera, stride dolorosamente. Insopportabilmente. Forse perché qui ogni sangue è stato versato, o forse perché qui la memoria affonda le unghie in ferite ancora aperte. Forse qui più che altrove la memoria è allenata a mantenere uno sguardo d'insieme, a non procedere a scompartimenti stagni, a venirsene dal passato a importunare il presente: memoria che, come nell'insegnamento biblico, non è mero ricordo degli orrori del passato, ma monito contro il rischio di comportarci oggi come i persecutori di un tempo, urgente appello alla coerenza nelle azioni del presente.
COERENZA. Il presidente del Senato, stella gialla al petto, educa la folla sul fatto che la verità sull'Olocausto vada affermata, ricordata e compresa "fino in fondo". E che "ogni ipocrisia vada smascherata". Smascherare ogni ipocrisia. Detto, fatto. Per combattere ogni ipocrisia, non vengono ricordati affatto i circa 5.000 Testimoni di Geova vittime di allora, e nemmeno la loro Intesa con lo Stato che oggi ammuffisce in attesa di approvazione da parte del Governo.
Memoria selettiva. Per evitare ogni ipocrisia, non vengono ricordate affatto le 15.000 vittime omosessuali di allora, e nemmeno come oggi si assista a un'ondata mai vista di violenza omofoba, con il silenzio-assenso del ministro delle Pari Opportunità ("L'omosessualità non è più un problema". Per gli altri, sicuramente).
Memoria selettiva. Per evitare ogni ipocrisia, non vengono ricordati i più di 220.000 Rom vittime di allora. E nemmeno la legge, che il presidente del Senato ha visto passare sotto i suoi occhi, che impone la schedatura dei bambini Rom: la prima legge basata sulla razza dalle "leggi razziali" del 1938; leggi che furono, "sbadataggine" dell'oratore, annunciate proprio a Trieste. Memoria selettiva.
"OGGI siamo tutti ebrei", è il finale a effetto del discorso. Forse, invece di affermare a parole di essere tutti ebrei per un giorno, dovremmo far uso della memoria per essere più coerenti e meno ipocriti nelle azioni di ogni giorno. Le parole che spendiamo oggi non costituiscono prova di per sé dell'aver imparato la lezione della Storia: diventano più spesso atto d'accusa a nostro carico quando smascherano la nostra stessa incoerenza. (...)

Michel Charbonnier

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5.11.09

Intorno al crocifisso

Leggendo ieri mattina le reazioni alla sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo, che determina che i simboli religiosi esposti nelle aule scolastiche costituiscono "una violazione della libertà dei genitori ad educare i figli secondo le loro convinzioni" e una violazione alla "libertà di religione degli alunni", prendo atto con stupore (eufemismo molto usato in questi casi), dolore ed indignazione che i soli esponenti politici a plaudere alla sentenza sono stati gli esponenti di Rifondazione Comunista e dei Comunisti Italiani, che oggi sono fuori dal Parlamento italiano, e Vincenzo Vita, voce solitaria nel PD.
Vorrei fare alcune considerazioni su due piani: uno politico e giuridico, l'altro, per così dire, confessionale.





Recita l'articolo 3 della Costituzione: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale […] È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana[...]
Non credo di forzare il testo costituzionale, se vi ravvedo l'intento di mettere tutti i cittadini, nei limiti delle possibilità pratiche, nelle stesse identiche condizioni nel corpo della società, a prescindere da distinzioni “di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”, come recita lo stesso articolo 3.


Ovviamente, non mi attendo la difesa di questi princìpi da parte delle forze politiche portatrici di idee discriminatorie, numerose all'interno dello schieramento attualmente al timone del Paese; me lo aspetterei da altre formazioni politiche, nella sinistra e tra i sindacati, che si battono per la pari dignità sociale delle donne rispetto agli uomini, di gay, lesbiche e trans rispetto agli eterosessuali, dei malati rispetto ai sani, delle coppie di fatto rispetto a quelle sposate...
Ma sarebbe stata possibile un'uguaglianza riconosciuta (ancorché non raggiunta completamente) per le donne, se non ci fossero stato il movimento femminista? Ci sarebbe stato uno Statuto dei Lavoratori senza le lotte sindacali?
Voglio dire: avrebbero potuto i soli “maschi” riconoscere l'uguaglianza delle donne senza ascoltare quel che le donne avevano da dire? E i soli padroni avrebbero forse dato voce alle istanze dei lavoratori nel loro Statuto, se questi ultimi non avessero alzato la voce?
Se auspichiamo che tutti siano uguali, dobbiamo andare a chiedere a chi è in svantaggio di cosa ha bisogno.
Nel caso del crocifisso in classe, abbiamo domandato il parere delle comunità di altre religioni? Abbiamo consultato i genitori degli studenti che non si avvalgono dell'insegnamento della religione cattolica?




Tra le varie stupidaggini sentite in questi giorni [secondo me, in gran parte sintomo più d'ignoranza che di malafede], possiamo evidenziare la visione del crocifisso come “un'antica tradizione” (Bersani), “il simbolo della nostra identità” (Cota, Gelmini, Casini), “segno culturale... patrimonio storico del popolo italiano” (i vescovi, Pasquali del PdL), “simbolo del sacrificio per la promozione umana che viene riconosciuto anche per i non credenti... la nostra identità e le nostre radici” (Sacconi), “simbolo d’amore” (Letizia Moratti), espressione di “valori di laica libertà” (Maria Rita Munizzi dell'omofobico MOvimento Italiano Genitori); la sentenza “offende i sentimenti dei popoli europei nati dal cristianesimo” (Zaia) ed è “un colpo mortale all’Europa dei valori e dei diritti” (Frattini).
A proposito di ignoranza e malafede, il quotidiano Il Tempo titola: "C'era anche l'italiano Gustavo Zagrebelsky, ex componente del Csm, tra i sette giudici di Strasburgo che vorrebbero far staccare il crocifisso dalle nostre aule scolastiche". Peccato che Gustavo Z., ex membro della Corte Costituzionale e del CSM, oggi molto impegnato nella lotta per la laicità in Italia, non sia che il fratello di Vladimiro Z., componente della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. Quando il diavolo ci mette lo zampino...


Per fare un po' di pulizia e chiarezza, diciamo subito che il crocifisso in questione è un simbolo religioso. Chi non lo ammette o è in malafede oppure fa parte di quella gran parte di cattolici non praticanti che sono avvezzi a subire passivamente ed acriticamente la pervasiva presenza del cattolicesimo in tutti gli ambiti della vita civile, a quella massa di persone che non credono ma mandano i figli a catechismo e vanno a messa a Pasqua e Natale.
Come simbolo religioso, non è biblico, in quanto contravviene alle prescrizioni iconoclaste presenti nelle scritture, a cominciare dal Decalogo (Esodo 20:4-5), dunque non si può dire neppure cristiano in senso ampio.


La gran parte delle opinioni che ho trovato e vi ho qui sopra riassunto insistono sul crocifisso come simbolo di valori culturali (d'amore, di libertà, di sacrificio per la promozione umana) o tradizionali (delle nostre radici, della nostra identità).
Innanzitutto, si può affermare che i valori di “amore, libertà e sacrificio per la promozione umana” siano stati universalmente garantiti dal simbolo della croce? Abbiamo già dimenticato la croce effigiata sui paramenti e sulle armi dei Crociati? [Proprio così, un simbolo d'amore sulle armi!] Quella croce in nome della quale si sono sterminati milioni di nativi americani, ebrei, eretici, liberi pensatori...
Perché possa essere un simbolo di valori fondanti dell'umanità, dovrebbe innanzitutto essere un simbolo comune a tutti.


Inoltre, il cattolicesimo ha indubbiamente partecipato a formare l'identità culturale dell'Italia attuale, tuttavia sarebbe riduttivo ritenerlo l'unica componente. Innanzitutto, con buona pace di Zaia, non siamo cristiani da sempre, ma solo da quando l'imperatore Teodosio impose il cristianesimo a tutti i sudditi di Roma.
L'identità profonda determinata dalle credenze precristiane fu assorbita nel Cristianesimo, che adattò le sue festività principali al calendario preesistente ed introdusse molti rituali pagani nella sua liturgia.
Non meno fondante fu l'influsso del pensiero filosofico greco, sul quale si modellò il pensiero di Roma. Sappiamo anche quanto deve il cristianesimo a questa tradizione, prima attraverso l'apostolo Paolo, poi nelle modalità della diffusione della Chiesa in Occidente.
Vogliamo poi dimenticare l'Umanesimo? E l'Illuminismo (che qualche alto prelato ha avuto il coraggio di definire bieco)?
Allora, perché esporre il crocifisso e non la lupa capitolina?


Scrive bene Maurizio, un lettore del Corriere del Veneto:


[…] Fatto il catechismo, cresima e tutto il rituale (obbligatorio per ogni bambino) ho iniziato a ragionare con la mia testa[...]. Leggendo, ho poi saputo che l'Italia è un paese laico, che l'illuminismo ha segnato la nostra cultura e che ci impedisce di far sì che un peccato sia illegale, che tradizioni possono essere superate e rimangono solo se la gente le tiene a cuore, non se una legge lo impone! Così uno stato che si considera laico, nei luoghi dove esercita le sue funzioni, non può permettersi di imporre simboli non dello stato ai propri cittadini. Se molti non sono d'accordo, si mobilitino per una riforma costituzionale che renda l'Italia una repubblica cattolica, al pari dell'Iran, per fare un esempio.

E' corretto, dunque, imporre ai nostri bambini un simbolo così parziale che vale per alcuni e non per altri, che ha valore e significati diversi per gli uni e per gli altri? E' giusto, ad esempio, imporlo a chi ha avuto i propri antenati massacrati o perseguitati nel suo nome? E' rispettoso dell'intento del testo costituzionale?




Infine, la considerazione per così dire “confessionale” che ho annunciato all'inizio: quale bisogno c'è di simboli religiosi all'interno delle aule scolastiche?
Cerco di spiegarmi meglio: il cattolicesimo si impegna in una colonizzazione culturale dei luoghi della vita civile, ma a cosa serve? Non basta alla Chiesa di Roma l'autorità sulla massa dei suoi fedeli? Cosa le manca? Cosa le sfugge?

Non sarà che questa necessità di manifestarsi in una presenza materiale nasconda un sostanziale vuoto nella presenza invisibile di fede, di valori, di morale?
Come è successo che il crocifisso, da simbolo religioso, è sceso per i fedeli cattolici e perfino per i loro alti prelati al rango di segno culturale e patrimonio storico?
Non avrà ragione E. S., quando sostiene che la Chiesa Cattolica ha la responsabilità storica dell'impoverimento della spiritualità in Italia?

:)(:

22.9.09

UGUALI



Liberi e eguali in dignità e diritti
(articolo 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani)
 
Noi promotori della manifestazione del 10 ottobre vogliamo rispondere alla violenza con il nostro contributo sociale e culturale. Rivendichiamo uguali diritti e doveri, pari dignità, riconoscimento giuridico di tutti gli amori, di tutte le famiglie.
Invitiamo le persone gay, lesbiche, bisessuali, transgender, ed eterosessuali a far sentire la loro voce impegnandosi a costruire un’Italia differente, che agisca per un cambiamento vero, profondo che riguarda la cultura e la convivenza.
Il 10 Ottobre 2009 saremo a Roma, come movimento lgbt, coscienti di convocare una manifestazione in un clima che in generale è violento, che colpisce noi, migranti, donne e altri soggetti sociali ritenuti deboli.

In questo quadro, rivendichiamo come fondamentale necessità democratica e civile interventi legislativi contro l’omofobia e la transfobia, che estendano la legge Mancino anche all’orientamento sessuale e all’identità di genere. Sarà solo un primo passo non certo esaustivo né sufficiente. La negazione e l’opposizione al riconoscimento di diritti per le persone e le coppie lgbt è già di per se omofobia e transfobia. La Costituzione italiana e la Dichiarazione Universale dei diritti umani indicano con chiarezza il principio di uguaglianza che deve impegnare le istituzioni tutte ad agire con interventi informativi e culturali, a partire dalla scuola, dove il fenomeno del bullismo è in preoccupante espansione.
Vogliamo che il 10 ottobre sia una manifestazione in cui ogni persona lesbica, transgender, bisessuale, omosessuale, intersessuale abbia accanto le proprie famiglie, i colleghi di lavoro, i compagni di studio , i vicini di casa, perché crediamo che il dialogo e la condivisione siano gli elementi decisivi per far avanzare i nostri diritti e con essi la società italiana.
Uguali – Comitato Promotore Manifestazione Nazionale Roma  10 ottobre 2009

Chiediamo a chi parteciperà di rispettare le modalità che abbiamo deciso, che prevedono una manifestazione aperta da una enorme bandiera Rainbow, in cui sfileranno associazioni, movimenti, sindacati ciascuno con le proprie bandiere.  Invitiamo i partiti a leggere con attenzione la piattaforma rivendicativa collegata a questo documento e ad aderire e partecipare solamente se la condividono in toto.
Chiediamo di rispettare la nostra decisione di escludere striscioni e bandiere dei partiti, nel pieno riconoscimento della nostra autonomia e del senso stesso della manifestazione.
Portavoce: Fabianna Tozzi Daneri     portavoce.uguali@gmail.com
Adesioni e informazioni sul sito:   http://uguali.wordpress.com
 

15.9.09

I cattivi maestri

Italia, paese di vittime di abusi.
Vittime di menzogna, vittime di autoritarismo politico e morale.
Vittime consenzienti.
Massa passiva che vede sottratti i diritti, distrutta la coesione sociale, la libertà, la verità.
E applaude.

Perché chi ha tanto successo dovrebbe ritirarsi dalle scene? Perché dovrebbe stare alle regole?
Berlusconi mette le mani sui media di stato e li rende propri organi di partito.
Il Parlamento nega libertà fondamentali dell'individuo, mentre si fa dettare l'agenda politica dalla criminalità organizzata.
Bande di violenti aggrediscono le persone di diversi orientamenti sessuali.
Avvengono deportazioni, respingimenti, carcerazioni di massa in carceri-lager dove si tortura e si uccide, i figli sono strappati ai genitori...
La Polizia è troppo spesso violenta, razzista, senza controllo, reprime con durezza ogni contestazione ed oggi fiancheggia la Lega.
La scuola è depredata e disfatta, perché la disgregazione culturale e civile sia mantenuta anche dalle prossime generazioni.

La Chiesa Cattolica si arroga l'autorità morale su chi è cattolico e su chi non lo è, servita e riverita da chierichetti laici o perfino atei, che siedono tra gli scranni del Parlamento, nelle redazioni dei giornali, negli studi televisivi. "La vita innanzi tutto!" tuona il seggio di Roma, ma intanto distingue tra vita e vita: quale il valore della vita di un feto malato o di un povero corpo tenuto in vita da una macchina da 17 anni, e quale il valore di quella di migliaia di disperati, cibo per i pesci del Mediterraneo? Per quale spendersi?
La massa china la testa, e applaude il più forte, il più arrogante.

E' interessante leggere quello che si pensa fuori di questo paese sulla Chiesa Cattolica, con il distacco che occorre per fare informazione corretta. A questo proposito, vi traduco ampi stralci di un'indagine di Associated Press, riportata dal  New York Times.




L'Italia alle prese con gli abusi sessuali dei sacerdoti.  


Published: September 14, 2009
Filed at 12:10 a.m. ET
VERONA, Italy (AP) - "Accadeva notte dopo notte", ha detto l'uomo non-udente, "a volte nella camera da letto del prete, a volte nella stanza da bagno, perfino nel confessionale."
Quando era un giovane ragazzo all'istituto Cattolico per sordomuti, ha detto Alessandro Vantini, i sacerdoti lo sodomizzavano così implacabilmente che lui era arrivato a sentirsi "come morto". Questi anno, lui e dozzine di altri ex studenti hanno fatto qualcosa di altamente insolito per l'Italia: hanno dichiarato pubblicamente di essere stati costretti ad atti di sesso con i sacerdoti.
Per decenni, una cultura del silenzio ha circondato gli abusi dei preti in Italia, dove gli studi mostrano che la Chiesa è considerata una delle istituzioni più rispettate nel Paese. (...)
Un'indagine di Associated Press durata un anno ha documentato 73 casi di accuse di abusi sessuali da parte di preti siu minori nel decennio passato in Italia, con più di 235 vittime. L'indagine è stata compilata a partire dai report dei media locali, linkati da siti web di gruppi di vittime e vari blog. Quasi tutti i casi sono usciti nei 7 anni successivi all'esplosione negli USA dello scandalo dei preti cattolici pedofili.
I numeri in Italia sono ancora appena un rivolo, se comparati alle centinaia di casi che sono esaminati nelle corti di giustizia in USA e Irlanda. E secondo l'indagine di AP, la chiesa italiana ha dovuto pagare appena qualche centinaio di migliaia di dollari in risarcimenti alle vittime, contro i 2,6 milioni di dollari della diocesi americana o i 1,1 milioni di euro corrisposto alle vittime in Irlanda.(...)
I casi italiani seguono molto le modalità degli scandali statunitensi ed irlandesi: i prelati italiani si accanivano su poveri, su disabili fisici o psichici, o su giovani tossicodipendenti affidati alle loro cure. (...)
In questo paese prevalentemente Cattolico, le chiese godono di una posizione talmente elevata, che i pronunciamenti del papa sono frequentemente presentati in cima alle notizie della sera, senza alcun commento critico. Anche coloro che hanno visioni anticlericali riconoscono l'importante ruolo che la chiesa gioca nell'educazione, servizi sociali e aiuto ai poveri.
Come risultato, pochi osano criticarla, inclusi i grandi giornali indipendenti ed i media di stato. Inoltre, vi è un certo puritanesimo nelle piccole città italiane, dove non si parla di sesso, e meno che mai di sesso tra un prete ed un bambino. (...)
Rompendo la cospirazione del silenzio, 67 ex studenti dell'istituto per sordi Antonio Provolo di Verona hanno denunciato abusi sessuali, pedofilia e punizioni corporali che si svolgevano nella scuola dagli anni '50 agli '80 da parte dei preti e dei frati della Compagnia di Maria.
Nonostante non tutti siano stati essi stessi vittime, 14 dei 67 hanno rilasciato dichiarazioni giurate e testimonianze videoregistrate in cui raccontano dettagliatamente gli abusi di cui dicono di aver subito, alcuni per anni, nei due campus della città di Giulietta e Romeo. Essi hanno fatto i nomi di 24 preti, religiosi laici e frati.

Vantini ha raccontato di essere stato in silenzio per anni: "Come avrei potuto dire al mio papà che un prete aveva fatto sesso con me?"  Vantini, 59 anni, ha parlato con AP un pomeriggio, raccontando per mezzo di un interprete del  linguaggio dei segni gli abusi. "Non si poteva raccontare nulla ai genitorim perché i preti ti avrebbero picchiato." Vantini ha chiamato in causa due preti e due laici -- 3 dei quali ancora viventi -- ma ha chiesto che i loro nomi non siano pubblicati per paura di azioni legali. (...) "Ho sofferto di depressione fino ai 30 anni", ha detto Vantini, che frequentò la scuola dai 6 ai 19 anni. "Mia moglie ha detto che era bene che parlassi per togliermi questo peso dal petto." Gianni Bisoli, 60 anni, antico compagno di scuola di Vantini, ha fatto gli stessi nomi in una dichiarazione scritta, insieme a quelli altri 12 preti e frati, accusandoli di averlo sodomizzato, forzato ad avere sesso orale ed a masturbarli. Nella sua dichiarazione, Bisoli ha accusato anche Mons. Giuseppe Carraro (vescovo a Verona dal dal 1958 al '78) -- di cui è in atto il processo di di beatificazione -- di averlo molestato in cinque occasioni mentre era studente al Provolo, dai 9 ai 15 anni.
Un'indagine diocesana ha scagionato Carraro dagli abusi sessuali, ma non ha intervistato nessuna delle vittime, limitando le testimonianze a membri sopravvissuti della congregazione, ad altro personale scolastico e loro affiliati, e a documentazione proveniente dalla diocesi di Verona. Il processo di beatificazione fu sospeso durante l'investigazione, ma ora sta procedentdo all'ufficio "produci-santi" del Vaticano.
5 decenni dopo, Bisoli ancora ricorda la strada che fece dall'istituto, sito in una tranquilla strada che prende il nome dal fiondatore della congregazione, Don Antonio Provolo, lungo il serpente del corso dell'Adige fino alla residenza del vescovo. (...) "Mi portarono nella curia" ricorda Bisoli in una intervista, "c'era un domestico che aprì la porta, poi qualcuno mi portò dentro. Era buio" Ricorda che apparve mons. Carraro. "Il vescovo cominciò a toccarmi, a mettermi le mani addosso", egli racconta, facendo scorrere le mani  su e giù per il corpo, tirando la maglietta ed i pantaloncini per mostrare il gesto. "Io mi sottraevo, ma lui continuò a toccarmi per 15, 20 minuti. Non sapevo cosa fare."
In una successiva occasione, Bisoli dice che il vescovo tentò di sodomizzarlo con una banana. Un'altra volta, secondo Bisoli, erano su un divano e quello lo sodomizzò con un dito, offrendogli una caramella per tranquillizzarlo. Una volta successiva, dice Bisoli, il vescovo gli offrì delle croci d'oro che avevano attirato il suo sguardo. "Io dissi di darmi almeno 10-20.000 lire da potermi comprare una Coca-cola o un gelato", rispose Bisoli.

L'attuale vescovo di Verona, Giuseppe Zenti, inizialmente ha accusato gli ex studenti di fabbricare le accuse, parlando in Gennaio all'Espresso. Zenti le ha definite "bugie", una calunnia che si pone all'interno di una disputa che dura da tempo su alcuni beni immobiliari tra la congregazione e l'associazione degli studenti sordomuti, a cui appartengono le sedicenti vittime.
Tuttavia, quando uno dei laici ammise le sue relazioni sessuali con gli studenti, Zenti ordinò un'investigazione all'interno della congregazione. Il risultato fu che qualche abuso fu ammesso, ma solo una piccola parte di quelli denunciati.(...)
"Se avessero voluto fare piena luce sula vicenda, non avrebbero ascoltato solamente preti e fratelli laici, ma anche i sordomuti", ha detto Marco Lodi Rizzini, portavoce delle vittime. (...)
Il Reverendo Bruno Fasani, portavoce della diocesi, ha dichiarato che gli ex-studenti sono stati manipolati perché denunciassero preti innocenti. (...) Zenti, da parte sua, ha invocato il perdono da parte delle vittime. (...)
Tra i casi raccolti da AP, ci sono accuse di induzione di ragazzi alla protituzione, partecipazione a riti satanici, e un famigerato caso in cui la chiesa stessa determinò che un anziano prete fiorentino era stato responsabile di "abusi sessuali, falso misticismo e plagio".
Dove si sono avute sentenze, queste sono andate da una sospensione di 2 anni  a 8 anni di reclusione, sebbene con i processi di appello, notoriamente lunghi in Italia, non è chiaro quante di queste pene si siano effettivamente concretizzate. Dove c'è stato risarcimento, cioè di rado, le somme sono state tra 15.000 e 150.000 euro per vittima.

I casi all'esame di AP comprendono indagini civili o penali. Per questa ragione, il dato di  Verona  è stato omesso, in quanto non vi è procedimento civile o penale dal momento che il reato è andato in prescrizione.  
Nel 2002, quando lo scandalo degli abusi scoppiò in USA, il numero 2 della CEI, mons. Giuseppe Betori, affermò che gli abusi sessuali da parte del clero in Italia erano così limitati che la direzione della Conferenza non aveva ancora discusso sull'argomento.
Ma ora pare che i prelati ed il Vaticano abbiano preso il problema più seriamente. Mons. Charles Scicluna, Promotore di Giustizia membro della Congregazione per la Dottrina della Fede -- che si occupa dei casi di abusi sessuali da parte di sacerdoti -- ha riconosciuto che la conoscenza del problema in  Italia si è incrementata per effetto dello uno tsunami di casi che è venuto alla luce in USA. "C'è un cambio di mentalità e noi troviamo che sia molto positivo", ha detto ad AP.
Cosa inedita per il Vaticano, Scicluna ha ammesso che gli abusi sessuali del clero erano un vecchio problema che aveva bisogno di essere estirpato. "Non penso che sia una questione di avvenimenti. E' sempre successo. E' importante che la gente ne parli perché altrimenti non possiamo portare la cura che la Chiesa può offrire a coloro che ne hanno bisogno - vittime e colpevoli."


Per approfondire la questione, segnalo un sito che si da anni sta raccogliendo notizie e riflessioni sull'argomento: Il Dialogo.org
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13.2.09

Repressione!

Vorrei abbozzare alcuni punti di riflessione a margine della “crisi di nervi” della società suscitata dalla storia di Eluana Englaro, ma le questioni che mi interpellano sono molte, per cui vedrò di non tirarvele addosso tutte insieme.


Cos'era, Eluana Inglaro, dopo 17 anni di coma irreversibile?
Riusciamo ad immaginarlo?
Di sicuro non era la giovane dal sorriso contagioso e esplosivo delle foto che il padre ha dato alla stampa, forse per tenere lontani i giornalisti, o forse perché per lui quella era Eluana, e non quell'altro bozzolo senz'anima.

Nell'immaginario della gente, si è cercato di riempirla di quelle caratteristiche eminentemente umane che rendessero possibile al clero cattolico ed ai loro supporter in Parlamento definire l'interruzione della sua insensata artificiale agonia come "condanna a morte". Si è detto che solo la stessa Eluana avrebbe potuto esprimersi per un'interruzione della sua alimentazione forzata.

Quanto questo argomento sia prestestuoso è evidente. Chi ha avuto un parente affetto da malattia terminale molto dolorosa, sa quanto spesso la forza di vivere viene meno a chi si trova in quelle miserevoli condizioni.
A tal proposito, vi segnalo questo toccante post di Marco Cattaneo (consiglio di prendersi il tempo di leggere anche i commenti).
Di più: vogliamo dimenticare l'atroce vicenda di Piergiorgio Welby, la sua richiesta lucida di smettere l'alimentazione forzata, la sua atroce agonia? Forse che in quel caso sussistevano dubbi sulla sua volontà?
Eppure, si arrivò perfino all'incriminazione per l'anestesista che pietosamente eseguì le sue volontà, come oggi si vorrebbe incriminare Beppino Englaro del crimine più orrendo, l'assassinio della propria figlia.

In realtà, il potere politico si pone, del tutto arbitrariamente, come proprietario del corpo, configurandosi come “braccio esecutivo” dei dettami della nuova onda preconciliare della Chiesa Cattolica Romana.
Appropriarsi dei corpi, è una vecchia storia dei regimi totalitari. Qualcosa di enormemente simbolico.

Il corpo è rivoluzionario. Il corpo è sovversivo.
Col corpo si ama.
Col corpo si desidera.
Col corpo si può sfuggire. perché il corpo crea, naturalmente, supera i confini, le definizioni, le etichette sociali. Crea vicinanze incontrollabili.

Non per niente nel carcere di Abu Ghraib si cercava l'umiliazione dei prigionieri attraverso l'umiliazione dei loro corpi, oltre che col vero e proprio massacro.
Non per niente, nel momento epico del movimento di contestazione del 2001, non si è scelto tanto di evitare scontri diretti col movimento, quanto di reprimerlo in modo sanguinoso.

Il disprezzo del corpo, il controllo del corpo per sancire la propria supremazia provoca un effetto nella vita agìta delle persone più fragili, meno indipendenti e responsabili. Lo faceva notare Lele parlando della teoria della "finestra rotta": le storture della politica ricadono a valanga sull'agire delle persone. Ecco a voi, nella cronaca dei quotidiani inferni, un moltiplicarsi di stupri di donne, di minori, una recrudescenza di violenze ancora contro donne (anche in famiglia), contro senzatetto, contro stranieri. Il debole che afferma la sua supremazia sul più debole.

Riberallarsi. Ora e sempre

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