di Franco Berardi Bifo
(da Loop)
L’arresto di Julian Assange suona campane a morto per la democrazia occidentale. L’hanno acciuffato, gli hanno tagliato i fili e i fondi. Cos’ha fatto quest’uomo? Ha semplicemente dimostrato la potenza della rete. Le autorità occidentali, che tanto si sdegnano per la censura cinese, si comportano esattamente come Hu Jintao, quando la potenza della rete pratica la glasnost, la trasparenza, mettendo a nudo la realtà del potere.
Cosa ci insegna l’esperienza Wikileaks? Che i diplomatici fossero pagati per indorare la pillola lo sapevamo, che i militari fossero pagati per sparare sui civili lo avevamo capito. Ma non è questa la lezione che viene dall’esperienza Wikileaks.
Quell’esperienza ci insegna che la rete cognitaria può battere il potere. Nelle strutture del potere (quelle militari, diplomatiche e finanziarie) ci sono dei lavoratori cognitivi: programmatori informatici, giornalisti o tecnici dell’hardware. Questi stanno scoprendo l’infinita potenza dell’intelligenza collettiva.
La battaglia contro la dittatura finanziaria del semiocapitale è cominciata.
E’ una battaglia dell’intelligenza collettiva contro la diffusione dell’ignoranza che il potere persegue in modo sistematico.
Gli studenti e i ricercatori che scendono in strada a Londra come a Roma e Milano e Bologna stanno combattendo questa battaglia.
I governi sono sempre più chiusi nella loro ossessione monetarista liberista e oscurantista. Non cedono alle pressioni della piazza. Vanno avanti verso la recessione, verso l’impoverimento generalizzato, verso la distruzione della civiltà sociale.
Sarkozy non si è fermato davanti a tre milioni di persone che hanno occupato le piazze per mesi. E’ andato avanti.
Il governo Berlusconi va in pezzi, ma il disegno di privatizzazione del sistema educativo non si ferma, la distruzione della scuola pubblica procede. Vanno avanti.
Ma noi dobbiamo saperlo: che si vinca o si perda questa battaglia sulla scuola pubblica, la lotta tra dittatura dell’ignoranza e intelligenza collettiva è solo cominciata.
Nelle lotte studentesche e operaie di questi mesi c’è l’inizio di un processo che durerà per un tempo assai lungo. Nel collasso d’Europa di cui abbiamo appena visto le prime scene, il movimento creerà le condizioni per l’autorganizzazione dell’intelligenza collettiva, per la sua autonomia dalla regola idiota del profitto.
10.12.10
9.12.10
Un patrimonio in fumo
Appena insediato, un paio d'anni fa, l'assessore leghista alla cultura della mia città aveva sentenziato di fronte a testimoni: "La cultura serve solo come volano dell'economia".
Ringraziandola per la lezione, ora chiediamo a lei ed a tutta la ghenga che governa la mia città, la mia regione, il mio Paese, cosa sia rimasto del patrimonio culturale in senso ampio che doveva servire da "volano all'economia".
Crollano vestigia della civiltà romana, si chiudono musei, si svendono monumenti e begli edifici, si lascia morire le nostre città d'arte, magari soffocate dall'immondizia, si chiudono teatri, si mette in cassa integrazione orchestre, non si fanno più mostre, concerti, spettacoli, la televisione ripiega sempre più verso la banalità e la volgarità...
Ecco qualche stralcio da un articolo dal Corriere di oggi. Lo riporto senza commento, e vorrei che ci contassimo.
Ringraziandola per la lezione, ora chiediamo a lei ed a tutta la ghenga che governa la mia città, la mia regione, il mio Paese, cosa sia rimasto del patrimonio culturale in senso ampio che doveva servire da "volano all'economia".
Crollano vestigia della civiltà romana, si chiudono musei, si svendono monumenti e begli edifici, si lascia morire le nostre città d'arte, magari soffocate dall'immondizia, si chiudono teatri, si mette in cassa integrazione orchestre, non si fanno più mostre, concerti, spettacoli, la televisione ripiega sempre più verso la banalità e la volgarità...
Ecco qualche stralcio da un articolo dal Corriere di oggi. Lo riporto senza commento, e vorrei che ci contassimo.
(Beppe Severgnini)LA NOSTRA CULTURA E L'IMMAGINE DEL PAESE
Uno straniero alla Scala
Un argentino-israeliano nato da genitori russi, prima di dirigere l'opera di un tedesco, in un teatro gestito da un francese di madre ungherese e voluto da un'austriaca, legge la Costituzione italiana. Una magnifica combinazione, se non fosse per un particolare: rischiamo di diventare comparse in casa nostra.
Daniel Barenboim ha fatto bene, in attesa di lasciare il passo a Wagner e alla sua Walkiria, a citare l'articolo 9 («La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione»). (...)
Risparmiare sulla cultura, per un Paese come l'Italia, è autolesionista. Certo, il momento è economicamente difficile. Ma l'unico petrolio nazionale sta nella nostra testa. Altro, non ne abbiamo. Quando Angela Merkel è stata messa di fronte al piano di riduzione della spesa, ha detto ai suoi contabili: tagliate dovunque ma non la cultura, l'istruzione e la ricerca. Una signora tedesca cresciuta nella Germania comunista ha intuito quello che molti italiani, vissuti a bagnomaria nella bellezza, non vogliono capire. Non riusciremo a emulare i nostri precedessori, quelli che hanno arredato le nostre città, costruito i nostri teatri e scritto la colonna sonora della nostra vita insieme. Cerchiamo, almeno, di non imbarazzarli.Era imbarazzante e imbarazzata, invece, l'assenza del ministro della Cultura alla prima della Scala. (...)
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