10.8.06
"Libertà l'ho vista svegliarsi
ogni volta che ho suonato,
per un fruscio di ragazze
a un ballo,
per un compagno ubriaco"
Quando ho pensato di aprire un blog, Israele non aveva ancora invaso il Libano.
Avevo pensato di parlare di libertà, avrei voluto rovesciarvi dentro quella candida ebbrezza che fa una bottiglia di rosso sincero vuotata con un buon amico.
Ho atteso. 30 giorni sono passati.
La realtà mi sveglia col suo carico pesante, pressante...
La cosa che maggiormente mi atterrisce è il senso di distruzione ed auto-distruzione che circola.
Scriveva qualche giorno fa Franco Berardi (Bifo):
[...] un vento di follia sembra guidare le mosse di Israele. Da anni cresce continuamente il numero di suicidi nell'esercito. Il ministero della difesa ha dovuto intervenire ufficialmente sul problema. Ora il suicidio sembra essere divenuto la strategia collettiva del paese. mentre la sconfitta politica del governo Olmert appare come il segno di una nuova fase: la fase dell'accerchiamento da parte di forze eterogenee ma unite da un unico obiettivo: eliminare Israele. [...]
La scelta di Olmert di seguire la linea della presidenza americana e di intraprendere una guerra persa trascina Israele in una catastrofe che trasforma in modo inquietante il futuro stesso del popolo ebreo. Il forum di Haaretz dà segno di sentire questo pericolo: paura, panico, senso di angoscia, di isolamento, di accerchiamento. [...] Lo stato di Israele è una trappola in cui l'occidente ha rinchiuso il popolo ebreo. Spingendo i superstiti dell'Olocausto a rifugiarsi in un territorio cui non avevano alcun diritto e in cui erano stanziati i palestinesi l'Occidente non pagò affatto il suo debito verso la comunità ebraica, anzi creò le condizioni di nuove tragedie.
Israele nacque da un atto di violenza. A quel punto gli israeliani dovevano trovare un modo per sopravvivere: potevano cercare l'integrazione la pace e l'amicizia con i loro vicini. Oppure potevano scegliere di schiacciarli con la supremazia militare. Scelsero la seconda strada, istigati dai loro protettori angloamericani. E grazie alla superiorità militare vinsero una guerra dopo l'altra. Ma vincere le guerre non serve nel lungo periodo. E in questa storia quel che conta è il lungo periodo: che ne sarà di Israele nei prossimi cinquant'anni? E soprattutto: che ne sarà del popolo ebraico nei prossimi cinquant'anni? Questa è la domanda che i protettori angloamericani non si sono posti.
Ogni vittoria di Israele dal '67 in poi ha ampliato l'esercito dei nemici del popolo ebreo, mentre le forze progressiste e laiche del mondo arabo sono state distrutte e ridotte al silenzio. Ogni umiliazione inflitta ai palestinesi ha rafforzato le componenti più aggressive: prima fu il fascismo nazionalista arabo poi il terrorismo islamista.
Il sionismo ha portato gli ebrei in una trappola, l'imperialismo petrolifero ha usato Israele come strumento di aggressione e sottomissione dei paesi arabi. E l'umiliazione accumulata del mondo islamico può produrre nel lungo periodo le condizioni di un nuovo Olocausto.
E' troppo tardi per cercare un'altra strada?