5.10.09

Virus: aspettando l'assalto

Da RIFORMA 
25/9/09

Come si manifesterà l'imminente pandemia? quali le conseguenze?

Virus: aspettando l'assalto

Il vaccino è pronto anche perché la logica con cui scegliere su quale malattia investire è una logica di mercato, altrove si muore di tubercolosi in silenzio.



Dalle prime due settimane di aprile in Messico e in California sono stati identificati con sempre maggiore frequenza casi di infezione con un virus di Influenza A precedentemente non tipizzato. La malattia influenzale era il risultato della ricombinazione di virus umano, aviario e suino: A H1N1.
L’isolamento virale e la successiva analisi virologica hanno permesso la messa a punto di un test di laboratorio capace di determinare se una persona con sintomi di febbre, tosse, mal di gola, raffreddore, congiuntivite, diarrea e nausea, potesse rappresentare un caso confermato di Influenza A H1N1. Con questo armamentario diagnostico i clinici e gli epidemiologi hanno potuto seguire l’evoluzione e la diffusione della malattia in tutto il mondo. Sono state adottate misure di contenimento della epidemia tali da dilazionarne quanto più possibile la diffusione, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha innalzato a livello 6 l’allarme pandemico (che non si riferisce alla gravità dell'evento morboso, ma al grado della sua diffusione a livello mondiale). Il tutto in attesa di un vaccino capace di mitigare l’impatto della infezione sulla popolazione mondiale.
Avendone i mezzi e le possibilità, è stato giustamente allestito un piano anche nel nostro Paese, che interessa il Servizio Sanitario Nazionale con un forte impegno di prevenzione diretto ad evitare che un eccessivo numero di casi possa compromettere il buon funzionamento dei servizi di diagnosi e cura e che l’esperienza dell’incontro con un ceppo influenzale nuovo del quale deve essere ancora accertata la effettiva virulenza possa determinare un eccesso di mortalità nella popolazione a rischio. Oltretutto la clinica (la gravità dei sintomi e degli esiti della malattia) si è finora manifestata come di forma assai blanda e i casi gravi o mortali segnalati sono legati a sovra-infezioni batteriche o a stati defedati del paziente.
Oggi non sappiamo se la malattia sarà grave, non sappiamo se pur non essendo grave ora potrà diventarlo in seguito, non sappiamo se la straordinaria campagna vaccinale che stiamo mettendo in piedi potrà essere quella definitiva una volta che il virus sarà eventualmente mutato.
Nonostante la quantità di previsioni, di scenari, di ipotesi, di sforzi nella modellistica matematica, ci si ritiene attualmente non essere in grado di prevedere, con cognizione sufficiente per renderla pubblica, come si manifesterà la imminente pandemia né quali saranno le sue effettive conseguenze. Tuttavia sappiamo che il Servizio Sanitario Nazionale sia nella parte della prevenzione che le compete, sia nella parte di diagnosi e cura, ha i mezzi e le potenzialità per adattarsi alle circostanze.
Questo è tutto quello che si può dire sulla circolazione del virus pandemico rispetto al quale invece c’è una mobilitazione mediatica generale di livello mondiale, in un clima da attesa dei tartari alla fortezza Bastiani: il problema è però antropologico, sociologico, non sanitario e ne lasceremo perciò gli approfondimenti e l’analisi a chi ne ha i titoli.
Quello che invece sappiamo con documentata certezza è per esempio che la tubercolosi, malattia curabile, fa milioni di vittime tutti gli anni nel mondo sottosviluppato, è ben lontana dal mobilitare le società occidentali, l’industria farmaceutica, i governi, i media, dove semmai viene rammentata come uno degli ulteriori pericoli, portati al seguito degli immigranti. Sappiamo che oggi, 2009, per la cura della tubercolosi non ci sono farmaci così efficaci come quelli per la cura delle altre malattie infettive debellabili in un giorno. Qui le cure sono lunghe uno o più anni, costituite ancora da cocktail di farmaci tossici, non esiste un test diagnostico paragonabile per rapidità e specificità a quello già messo a punto per l’influenza A H1N1, e nemmeno esiste un vaccino la cui efficacia sia anche lontanamente confrontabile a quella prevista per la influenza A H1N1.
L’ industria farmaceutica che sta per mettere sul mercato il vaccino antinfluenzale AH1N1, per una probabile scelta di economia aziendale che non è certo nostra intenzione discutere individualmente, ha invece smesso la produzione del test Mantoux, che pur essendone un caposaldo diagnostico ha un basso costo e probabilmente se ne consuma troppo poco: gli investimenti richiedono un mercato in grado di garantirne il ritorno. La logica con la quale si sceglie su quale malattia investire in ricerca e curare è dunque una logica di mercato, non dipende dalla preoccupazione epidemiologica.
Nella nostra area geografica, invece, abbiamo informazioni altrettanto certe sul fatto che ogni anno muoiono in Italia per incidenti stradali migliaia di persone altrimenti in perfetta salute; ancora di più ne rimangono menomate per sempre, molti di loro sono bambini. Lo stesso dicasi per gli infortuni domestici e per gli infortuni sul lavoro. Grande è la quota di mortalità ancora evitabile per tumori o malattie cardiovascolari.
Ciascun operatore sanitario matura un’esperienza personale di tutte queste contraddizioni, sa dal proprio lavoro quotidiano e dai problemi sanitari a livello globale che c’è ben di peggio di cui, casomai, temere.
E tuttavia se i media sono lo specchio della sensibilità collettiva esiste allora uno scollamento tra la sensibilità propria degli operatori sanitari e la sensibilità collettiva. Anche di questo l’operatore sanitario dovrebbe però forse cominciare ad assumersene almeno parte della responsabilità, perchè mentre altrove e intorno a noi già si muore in silenzio il vocìo sull’arrivo dei tartari diventa sempre più insistente e suona sempre più assurdo.

Andrea Dotti
Direttore di servizio del Dipartimento di Prevenzione dell'ASL TO 4; membro del direttivo della Società nazionale operatori della prevenzione
.