11.11.08
Promessa di dolcezza
Apro il cancello col telecomando ed avvio leeeentameeeennnte l'automobile.
Lei, la vicina di casa, appare da sotto i tigli del vialetto e sia avvia a passo rapido e ossuto verso il varco che ho aperto. Le ciocche arricciate e imbiondate di fresco hanno un sussulto poco naturale al dimenarsi delle spalle. Una camminata incredibilmente rigida, automica, legnosa, e insieme così spedita! Io avanzo sempre lento, talmente lento che da dietro la posso osservare per parecchi secondi: l'oscillazione solo verticale, la strettezza dei fianchi, delle spalle, di tutto l'insieme... Si impedisce talmente forte di notare la mia presenza che ostentatamente disegna una larga curva, occupando il centro della mia carreggiata, mentre io silenzioso la seguo, silenzioso come può esserlo un motore acceso che ti sbuffa a 50 centimetri dietro le orecchie. Piega a sinistra, io approfitto e la dribblo a destra, mentre la guardo in faccia con i miei 50 occhi tutti spalancati. Ma ce l'ha una faccia?
No, non ce l'ha. Casualmente si volta a sinistra, distratta da chissà quale nuovo cielo o lontano bagliore di dolcezza. Al mio buonasera! gridato oppone i boccoli innaturali, il meccanismo triste di una pensione consumata accanto ad un marito che odia.
Buonasera!