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3.1.10

Cari amici e care amiche,

come vedete, ho quasi abbandonato questo spazio.
Il motivo è che è poco a poco venuta a cadere una delle ragioni che mi spingeva a scrivere qui.




La libertà è partecipazione”

Per me scrivere qui non è mai stato né un piacere, né un esercizio, né un bisogno, né un dovere, né qualsiasi altra cosa per me stesso.
Per me, era parte del mio agire. Della mia testimonianza. Della mia rivoluzione personale.





Vorrei essere libero come un uomo (…)
che ha il diritto di votare
e che passa la sua vita a delegare
e nel farsi comandare
ha trovato la sua nuova libertà”
(Giorgio Gaber)


Non credo nella democrazia rappresentativa, non credo nel sistema della delega. Credo solo nella partecipazione personale alla società, alla produzione e gestione del bene comune. Credo in un agire quotidiano che  in ogni momento ed in ogni gesto sia specchio e testimonianza del mio modo di essere, di pensare, di concepire la mia relazione con gli altri esseri viventi, il mondo, i simboli, l'immaginario.
Ogni giorno, il mio agire affetta la società e, come una piccola formica spinge il suo granello di sabbia, immette il suo apporto di inclusione, di solidarietà, di sorriso.

Rivoluzione
è incontrarsi con sapiente pazienza
assumendo rapporti essenziali
tra terra, cielo e uomini” (Danilo Dolci)

Poco a poco, occuparmi del blog stava traboccando dall'alveo che gli avevo riservato. Leggere altri blog, commentare, scegliere tra vari argomenti, con la presunzione di poter dire qualcosa di interessante un po' su tutto e il dovere, divenuto ossessione, di denunciare ogni violenza, ogni sopruso o ingiustizia, quasi che potessi arginare il male, quasi che il mio intervento fosse scaramanticamente necessario per evitare il peggio, il degrado.... Lo sforzo di mettere la mia personalità vera sempre defilata rispetto al fatto, alla discussione, al pensiero, al grido di dolore della società, perché il blog non diventasse un palcoscenico su cui esibirmi... Tutto ciò non è più partecipazione, ma diventa un fare che vuole esistere per se stesso.

Ecco perché ho deciso di impegnarmi su altri fronti dell'agire quotidiano.
Continuerò a tenere questo spazio - prezioso per l'incontro con altre persone che ho imparato ad apprezzare e stimare - come un luogo di sfogo, di confidenza, di ragionamento.
La rivoluzione, però, sarà preferibilmente altrove. La libertà, risvegliata, s'è levata e viaggia per il mondo.
Un caro abbraccio a tutte e tutti voi.
                                                                                                         Cometa ovvero erri

23.6.09

Verso dove?

Cari amici e care amiche, ho letto con grande interesse su Agoravox un articolo appassionato di Cesare Lazzini: Verso una vera Rinascita Democratica, e le riflessioni che ne ho tratto, troppo lunghe per farne un commento, le metto qui in forma di post.

Caro Cesare, quando ho letto il titolo del tuo pezzo avevo pensato che tu intendessi parlare di tutt'altro, cioè della realizzazione del "Piano di rinascita democratica" della P2 che vediamo svolgersi "magicamente" sotto i nostri occhi. Invece ci parli di crisi economica, di distacco della casta politica dai cittadini, in termini chiari, diretti, efficaci; mi è parso uno strumento intelligente ed utile, visto che la gente si annoia a dover impegnare il cervello nel capire qualcosa, ed è rassicurata da chi afferma che il problema non sussiste, magari ostentando disprezzo verso coloro che dissentono.


Ma vorrei tornare al titolo che mi aveva colpito. Che tu l'abbia usato con più o meno consapevolezza, il famigerato Piano della P2, che perseguiva la delega totale del potere ad un'oligarchia che non potesse essere messa in discussione, anche attraverso un uso sapiente della manipolazione mediatica, ritorna centrale nel discorso che riguarda l'isolamento della casta dei "manovratori".
Forse sarebbe perfino ingeneroso attribuire tutta la responsabilità alla P2, visto che anni prima intellettuali di valore, Pasolini in testa, avevano individuato la deriva culturale, "la scelta coatta ormai comune a tutti gli italiani".
Il bombardamento ideologico televisivo non è esplicito: esso è tutto nelle cose, tutto indiretto.
Ma mai un «modello di vita» ha potuto essere propagandato con tanta efficacia che attraverso la televisione. Il tipo di uomo o di donna che conta, che è moderno, che è da imitare e da realizzare, non è descritto o decantato: è rappresentato! Il linguaggio della televisione è per sua natura il linguaggio fisico-mimico, il linguaggio del comportamento. Che viene dunque mimato di sana pianta, senza mediazioni, nel linguaggio fisico-mimico e nel linguaggio del comportamento nella realtà. Gli eroi della propaganda televisiva -giovani su motociclette, ragazze accanto a dentifrici- proliferano in milioni di eroi analoghi nella realtà.
   (P.P.Pasolini, "Scritti corsari")

Per questo, caro Cesare, anche se ammiro la tua forza, la tua fede, non sono d'accordo quando dici: "l’Italia non pensa con le vostre teste, politici imbellettati, è ormai chiaro ai più, la voce dell’Italia siamo noi cittadini: si invertono i ruoli, l’Italia siamo noi "e voi non siete un cazzo". (...) Una nuova classe politica vi spazzerà via presto con la forza delle idee".
Piuttosto, concordo con Ascanio Celestini sul fatto che "il popolo è un bambino".
Questo bambino, tenuto all'oscuro di tutto, anche se ha già i capelli bianchi, prima di ribellarsi ha bisogno di prendere coscienza di sé attraverso un percorso di educazione civile, alla don Milani o alla Danilo Dolci, per intenderci.

Ritengo che non dobbiamo disperdere tutte le nostre forze nella frustrazione dell'attesa di una rivoluzione che non arriverà mai, ma piuttosto costruire giorno per giorno, mattone per mattone, ognuno nell'ambito della sua attività e della sua vita, i muri maestri di un'umanità libera. Un'umanità non massa, dedita alla sollecita cura dei valori dell'incontro, dello scambio tra persone, della creatività, della tenerezza, del rifiuto del "virus del dominio" che irretisce, allontana da sé, dal proprio corpo e desiderio, riduce "le creature come molecole di cui nel complesso sia esattamente prevedibile, controllabile e regolabile dall'esterno il movimento comportamentale: come in liquidi amorfi, aumentandone l'energia disponibile e il consumo, in vortici poveri di senso" (D. Dolci, "La creatura e il virus del dominio", L'Argonauta, Latina, 1987).

Rinforziamo le nostre difese immunitarie e, finalmente, cominciamo a crescere.

14.4.09

Lettera a Vittorio

Caro Vittorio,
questa lettera non ti arriverà mai, perché da qualche giorno non cammini più su questa terra che probabilmente hai amato troppo.

Io non ti ho conosciuto, ma ti immagino. Credo che mi perdonerai se ti immagino magari un po' diverso da com'eri davvero. Oramai sei superiore a queste cose.

Ho anch'io un figlio della tua età. Non è facile fare il padre, sai? Io vedo il mio ragazzo, ne sento gli slanci verso la vita. A 13 anni davvero tutto dovrebbe essere ancora possibile. La vita ti romba nelle vene, i primi amori ti fanno tremare il cuore, ti senti un grande grandissimo che può ancora tutto, e al tempo stesso un cucciolo, ti secca ma a volte vorresti essere abbracciato dalla mamma, protetto o aiutato dal babbo. Perché ti senti uno straccio di cielo in mezzo al letamaio di questo mondo, questa città sporca e cattiva, questa società di grandi che sono in realtà impotenti burattini, che portano dentro la frustrazione di quello che sognavano da tredicenni e a cui per vigliaccheria hanno rinunciato, grandi minuscoli burattini che diventano potenti violenti aguzzini di chi è più debole di loro. Grandi dietro l'impugnatura di una rivoltella o di un coltello. In realtà, poveri tredicenni spauriti e vigliacchi che non hanno avuto il coraggio di lottare per i loro sogni, costretti dentro il corpaccione troppo ingombrante di un trentenne, quarantenne, cinquantenne....
Grandi falliti che ad un figlio che amano più di loro stessi non sanno dare quello che si sono negati, la possibilità di un sogno, e cercano di comprargli cose e cose e cose, nell'illusione che di questi sogni ci si possa dimenticare: telefonini, computer, iPod, motorini... Per poter dire un giorno: "Com'è possibile che sia diventato depresso? (o tossico, o violento, o ....), non gli ho fatto mancare nulla!"
Ed in cosa consisterà mai questo sogno?
Sarà sicuramente qualcosa di straordinario.
Sì, lo è: giustizia, libertà, possibilità di essere quello che si sente nel cuore, di non stare nella paura. Di diventare quello che si desidera: magari pompiere o magari pittore.
Come dire ad un ragazzo di 13 anni, che si ama più della propria vita, che tutto questo non glielo puoi dare, perché l'hai negato perfino a te stesso?

Carissimo Vittorio, tutto questo tu l'avevi visto.
Avevi visto tuo padre che aveva ceduto, s'era coltivato un gran pelo sullo stomaco, ma ne aveva avuto in cambio una vita agiata.  E pretendeva ancora di spiegarti la vita!
E poi avevi visto tuo fratello naufragare, cedere, e rimanerne schiacciato: vittima di quella perversa filosofia della vita, massacrato a bastonate e giustiziato con un colpo di pistola alla nuca. Giustiziato: perché nel mondo allucinato dei grandi questa è la giustizia.

Allora hai fatto quello che nessuno ti può togliere: hai agito la più grande, la più totale delle libertà.
Giovanissimo Bartleby, tu ci hai insegnato un cosa pazzesca: ci hai mostrato che qui, ora, se tutti noi ne avessimo il coraggio, basterebbe dicessimo un no per cambiare il mondo. Per instaurare una nuova società, basata sulla lealtà, sulla verità dei rapporti umani. Che in tutti noi grandi omarini non c'è neanche un atomo del fegato, del coraggio, della grandezza che c'era in te. Ci hai mostrato che tutte le nostre incertezze, la nostra impotenza, i lamenti per la situazione, non sono altro che inerte e colpevole acquiescenza ad una situazione che ognuno, portando il suo mattoncino, ha contribuito a creare. Ognuno: povero o ricco, comunista  fascista, galantuomo o mariuolo.

Hai vissuto solo tredici brevissimi anni, un solo soffio di vento, ma di te veramente si dirà: è stato un uomo che non è vissuto invano.
Caro Vittorio, io ti piango e ti ringrazio.




BlogNews

24.12.08

Un nuovo anno

 
[immagine di night-fate tratta da deviantart.com]
 In questa società, pare che per denaro abbiamo abdicato al diritto a realizzare desideri e speranze, e invece finiscono i sogni ma i desideri diventano urgenze.
Come augurio per il nuovo anno vi lascio una nota poesia di Danilo Dolci.


Chi si spaventa quando sente dire
"rivoluzione"
forse non ha capito.



Non è una sassata a una testa di sbirro,
sputare sul poveraccio
che indossa una divisa non sapendo
come mangiare;
non è incendiare il municipio
o le carte al catasto
per andare da stupidi in galera
rinforzando il nemico di pretesti.


Quando ci si agita per giungere
al potere e non si arriva
non è rivoluzione, si è mancata;
se si giunge al potere e la sostanza
dei rapporti rimane come prima,
rivoluzione tradita.
Rivoluzione è distinguere il buono
già vivente, sapendolo godere
sani, senza rimorsi
amore, riconoscersi con gioia.

Rivoluzione è curare il curabile
profondamente e presto,
è rendere ciascuno responsabile.

Rivoluzione
è incontrarsi con sapiente pazienza
assumendo rapporti essenziali
tra terra, cielo e  uomini: ostie, sì,
quando necessita, sfruttati no,
i dispersi atomi umani divengano
nuovi organismi e lottino nettando
via ogni marcio, ogni mafia.
Danilo Dolci, Il limone lunare, 1970

30.10.08

The day after Gelmini

The day after l'approvazione del decreto Gelmini.
Un'operazione essenzialmente autoritaria, non per nulla sigillata magistralmente dall'attacco agli studenti da parte di picchiatori di Casapound (infiltrati nelle file del Blocco Studentesco) armati di spranghe, bastoni e cinghie chiodate sotto l'occhio "distratto" della polizia(*).
Curo l'amarezza con dosi di buone letture, per ritrovare la forza, la "santa rabbia". Ne condivido qualcuna.

Da "Avviso agli studenti" di Raoul Vaneigem, Nautilus, Torino, 1996 (i grassetti sono miei):
Nel dicembre 1991 la Commissione europea ha pubblicato un memorandum sull'insegnamento superiore. Vi si raccomandava alle università di comportarsi come imprese sottoposte alle regole concorrenziali del mercato. Lo stesso documento auspicava che gli studenti fossero trattati come dei clienti, incitati non ad apprendere ma a consumare.
I corsi diventavano così dei prodotti, i termini "studenti", "studi", lasciavano il posto ad espressioni più appropriate al nuovo orientamento: "capitale umano", "mercato del lavoro".
Nel settembre 1993 la stessa Commissione recidiva con un
Libro verde sulla dimensione europea dell'educazione. Vi si precisa che, sin dalla scuola materna, bisogna formare delle "risorse umane per i bisogni esclusivi dell'industria" e favorire "una maggiore adattabilità di comportamento in maniera da rispondere alla domanda del mercato della manodopera".
Ecco come lo zoom insudiciato del presente proietta come futuro radioso la forza esaurita del passato!

Una volta eliminato quel che sussisteva di mediocremente redditizio nella scuola di ieri - il latino, il greco, Shakespeare e compagnia -, gli studenti avranno finalmente il privilegio di accedere ai gesti che salvano: equilibrare la bilancia dei mercati producendo dell'inutile e consumando della merda.
L'operazione è sulla buona strada perché per quanto si dicano diversi, i governi aderiscono all'unanimità al principio: "L'impresa deve essere impostata sulla formazione e la formazione sui bisogni dell'impresa."

Da "La creatura e il virus del dominio" di Danilo Dolci, Ed. L'argonauta, Latina, 1987 (idem per i grassetti):
Il malato più pericoloso è forse quello intimamente forzato a parassitare deformando fino a ferire e distruggere sottilmente gli altri, quando non si sa malato e anzi scia, cavalca, pilota il suo panfilo, guida clamorosamente il suo jet apparendo aitante, efficiente - o incede riverito e temuto per la sua dottrina -, accettato quasi con ammirazione nella sua pericolosa eleganza dai contagiati: tanto più pericoloso quanto la sua follia da solitaria riesce divenire norma ambita.
[...] Il più pericoloso sorridendo rompe gli altri dentro senza insanguinarsi le mani, in serie, senza nemmeno dichiarare guerra. Non pretendendo certo gli altri uguali a sé ma allineati al proprio séguito secondo i suoi schemi, elimina chi tende alla salute, dimostra che
questo è il suo diritto. [...]
Il malato più pericoloso è quello che coltiva, conscio o inconscio, il modello dei virus. Se, abilmente furbesco nelle tecniche (usando antichi e moderni strummenti di penetrazione-subordinazione, dalla politicheria ai giornali complici alla sinuosa propaganda televisiva [...]), riesce a inoculare il modello dei virus a chi manca della coraggiosa disciplina prospettica per affrontare, da sé e con gli altri, le incognite talora vertiginose della vita creativa.
Tanto più pericoloso, quanto più riesce ad edificare vaste fabbriche, imponenti grattacieli, invitanti
lager (Arbeit macht frei) in cui alleva inoculate schiere di polli, scolari e operai, sottilmente assuefacendo organismi all'esproprio vitale.
I più dannosi approfittano dei bambini, colpiscono e feriscono e mozzano tutto il futuro deformandone la tenerezza, cercando interdire nell'intimo germinare di ognuno il rafforzarsi di un proprio immunitario sistema culturale-morale.
I folli più pericolosi tentano ridurre le creature come molecole di cui nel complesso sia esattamente prevedibile, controllabile e regolabile dall'esterno il movimento comportamentale: come in liquidi amorfi, aumentandone l'energia disponibile e il consumo, in vortici privi di senso.
(*) Alcuni documenti sull'avvenimento:
video, l'articolo del testimone Curzio Maltese, analisi delle immagini: metodo Kossiga?.
Update 31/10/08: l'ultimo video che segnalavo è stato rimosso. Ipotizzava, dall'analisi di varie immagini e riprese video, che uno dei componenti del gruppo di picchiatori fosse in realtà un poliziotto infiltrato. Maligno come sono, mi sa che ci aveva imbroccato. Un infiltrato che viene smascherato è bruciato.
Update 2, sempre 31/10/08: Francesco Nitto Palma, sottosegretario all'Interno, durante l'informativa urgente del Governo alla Camera, ha detto che gli incidenti scoppiati l'altra mattina a piazza Navona tra studenti di diverse fazioni politiche sarebbero stati provocati dagli studenti della sinistra. Deputato di FI, Nitto Palma è stato promotore nel 2002 di un emendamento per dare l'immunità ai parlamentari: secondo la sua proposta, i processi a carico dei parlamentari sarebbero stati sospesi fino al termine del mandato; inoltre si è speso in prima persona contro le varie proposte volte a ridurre il compenso dei parlamentari, bollandole come demagogiche.
Update 3:  Nuove foto, sempre più evidenti, sulla strategia di attacco: da Repubblica.it

20.6.08

Il virus del dominio


Oggi Danilo Dolci compirebbe 84 anni.
In "La comunicazione di massa non esiste" del 1987, così ci parla dell'enorme responsabilità dell'educare:
"Mentre una creatura sana ama chi l'aiuta a sbocciare, una creatura plagiata diviene moralmente confusa o fanatica, e intellettualmente - anche se furbo - un deficiente. Chiudendosi si difende. (...) Il massimo plagio è inculcare alla gente che il dominio è necessario, che il dominio garantisce la vita."

Quando Dolci parla di dominio, intende il sistema di relazioni basato sui rapporti di potere. Dolci non utilizza la comune locuzione "sistema di potere", dal momento che il termine potere, etimologicamente, indica la possibilità di essere e di fare. Il dominio, sia agito che subito, esprime l'imposizione, la coercizione, la violenza; il dominio crea una pseudocultura in cui qualcuno è dominante e gli altri sono passivi, ma gli uni e gli altri sono complici. L'educazione al dominio nasce sui banchi di scuola, è insegnata, o meglio inculcata, dagli insegnanti ai bambini ed ai ragazzi.
Dolci definisce il dominio "un virus".

"La vita autonoma richiede un reciproco adattamento creativo: dal ricevere mentre dà, ricresce. Il virus, incapace di vita autonoma, non può sopravvivere che infettando: microscopica massa, è informazione obbligata a trasmettersi per tentare di esistere, e può soltanto trasmettere sfruttando le energie e gli apparati delle vittime. Specializzandosi ad aggredire determinate cellule, determinati organi, fino a lederli, è un canale monodirezionale. Talora sa stampare inverse informazioni nell'intimo del vivente forzandolo a deperire, deviare, impazzire. Il parassitismo virale non esprime potere ma dominio che permane latente, o progredisce in lente infezioni, o distrugge rapido. Eppure, il parassita perfetto è pura dipendenza. In quanto le terapie dall'esterno contro i virus rischiano di distruggere le cellule vive, una sana possibilità di vincere le infezioni virali consiste nell'attivare le resistenze immunitarie: l'organismo riconosce il parassita approntando i congegni per difendersi. Talora - superata l'infezione, distrutto o controllato il virus - i tessuti danneggiati si possono ricostruire, ma sovente il danno è irreparabile: urge dunque scoprire come intervenire tempestivamente sui progetti virali sapendo come questi via via tentano aggirare l'immunità. (...) Oggi sappiamo che i virus più pericolosi sono quelli che attaccano i sistemi immunitari, o per fusione o per penetrazione diretta: virus multiformi che variano i modi di destrutturare."

Danilo Dolci, La comunicazione di massa non esiste, L'Argonauta, 1987.
Danilo Dolci, La creatura e il virus del dominio, L'Argonauta, 1987