A leggere una buona parte dell'informazione italiana, la situazione in Iran sembra chiara, lampante: da una parte
i buoni, democratici, laici, moderati, combattenti per il cambiamento, la libertà, la modernità, dall'altra
i cattivi, gli ayatollah, sostenitori della sharia, liberticidi, antisemiti, ecc. ecc.
Al punto che ieri, a proposito delle elezioni in Iran, ho sentito perfino parlare di "colpo di stato".
Riporto uno stralcio di un
articolo molto citato in questi giorni, scritto da Lucia Annunziata per la Stampa del 16 giungo scorso.
C’è un solo parallelo capace di descrivere la sanguinosa rivolta in corso in Iran: Tienanmen. (...) Sia la Cina allora sia l’Iran adesso sono infatti sistemi basati sullo stesso principio, lo stesso pilastro: sono cioè entrambi governi di natura teocratica, fondati sulla pretesa di rappresentare l’intera nazione, senza dubbi e senza dissidenza, in quanto espressione di una autorità superiore, intoccabile. Rompi l’intoccabilità di questa origine prepolitica o superpolitica, e rompi il pilastro stesso su cui questi governi si reggono. Il dio della Cina era allora il Partito comunista, quello di Teheran è oggi Allah, ma in entrambi i casi la pubblica rivolta indica che la loro identità di intoccabili è saltata.(...) Ieri a Teheran è avvenuta la prima rivolta della piazza contro le autorità, dalla rivoluzione del 1979. Tienanmen rivelò che nel cuore del Partito comunista stesso c’era una spaccatura, ieri a Teheran si è messa in piazza l’esistenza di due anime, e di due concetti religiosi, dentro il cuore di un sistema apparentemente granitico.
Per cominciare, non mi risulta che quelle di questi giorni siano le prime proteste di piazza contro il regime iraniano dalla rivoluzione in poi. Per esempio, in
questo articolo (in inglese) del 2006 si parla della feroce repressione di alcune manifestazioni di donne nel marzo e giugno di quello stesso anno e si sostiene (ma sull'autenticità di questa notizia non metto la mano sul fuoco) che il regime sia circondato da proteste di massa di lavoratori, donne, disoccupati e studenti. Inoltre, è noto che vi furono proteste studentesche già nel 1999, culminate il 9 luglio (data divenuta simbolica per il dissenso iraniano) con la strage compiuta dalle forze religiose nei dormitori delle università, e
di nuovo nel 2006.
Poi, non mi pare proponibile il parallelo con la Cina degli anni '80. Quello, era un paese dove libere elezioni multipartitiche erano fuori discussione. Ciò che accadeva all'interno della Cina di Deng era filtrato in maglie così strette nei media che ancora oggi non abbiamo notizie certe né della dinamica dei fatti, né delle vittime. La spaccatura all'interno del Partito Comunista fu rapidamente suturata, a spese dei civili uccisi ed incarcerati. L'élite cinese poi prese gradualmente la via dell'arrembaggio al mercato, coi risultati che conosciamo, ed oggi nessuno si prende la responsabilità di fare le pulci al governo cinese sul rispetto dei diritti umani, come si è visto in occasione delle Olimpiadi.
Ancora adesso, la Cina censura Internet.
Il regime iraniano in questi giorni ha cominciato a fare lo stesso. E' molto grave, ma non più della censura cinese.
E inoltre, ricordo anche che proprio il nostro paese, che si permette di dare lezioni di democrazia ai regimi confessionali islamici, sta approntando delle leggi per il
controllo di internet: dopo
l’art.60 del “pacchetto sicurezza” ddl 773, dopo la
proposta di legge Cassinelli e
l’istituzione di una commissione contro la pirateria digitale e multimediale, sta arrivando la legge Carlucci. Per una più ampia trattazione vi rimando a
Italian Spot.
Infine, quando l'Annunziata dice "
le autorità" , chi legge si immagina che le proteste di piazza a Teheran siano globalmente
contro il regime degli ayatollah. Eppure,
Mousavi non è un novellino: è già stato Primo Ministro dal 1981 al 1989, durante gli ultimi anni dell'era Khomeini, sotto la presidenza di colui che succederà a Khomeini nel ruolo di
Guida Suprema: Ali Khamenei.
Secondo alcuni, Mousavi passò politicamente dalla parte dei riformatori solo più tardi.
Al suo fianco, combatte uno degli uomini più potenti dell'Iran:
Ali Akbar Hashemi Rafsanjani . Uomo d'affari, non molto portato per la teologia, fedelissimo di Khomeini, fu uno degli uomini-chiave del Consiglio Rivoluzionario dell'Iran fin dagli esordi della Repubblica Islamica. In qualità di presidente del Consiglio d'Esame Rapido, per quanto ne so, non solo è la seconda personalità più potente d'Iran, ma anche il solo che
teoricamente, in casi particolari, può destituire la
Guida Suprema Khamenei.
Quanto al risultato delle elezioni in un'ottica internazionale ed alle sue conseguenze, soprattutto per quello che riguarda il dialogo con gli USA, sono abbastanza d'accordo con Lucia Annunziata:
La vittoria di Mousavi non sarebbe stata comunque serena e pacifica; avrebbe provocato in ogni caso una spaccatura in Iran, di natura molto più velenosa della attuale. Già adesso i riformisti iraniani sono identificati come fantocci dell’imperialismo Usa. Una loro affermazione avrebbe portato i conservatori a un contrattacco di delegittimazione, sollevando davanti a un popolo fieramente indipendente e religioso, come quello iraniano, lo spettro dell’intervento americano. E come in questi anni abbiamo visto tragicamente ripetersi (non possiamo che rimandare all’Iraq), la carta del golpe Usa è sempre la più efficace nella propaganda nazionalistica di molti paesi - arabi e/o africani, e non solo.
Il rischio della vittoria riformista era dunque quello di rendere apparentemente tutto più facile, ma anche più fragile.
Pur con sfaccettature diverse, non si discosta molto l'opinione di Lucio Caracciolo su
Limes:
Lo scopo ultimo della trattativa con Washington che quasi tutti i leader iraniani vogliono – con toni e in modi diversi – è la piena accettazione dell´Iran come grande potenza islamica nella regione e nel mondo. Dunque, se Teheran apre il tavolo del negoziato vero, a 360 gradi, la parola d´ordine è: vietato fallire.
Lo stesso vale per Obama. Per questo evita di impelagarsi nella partita iraniana, contando che la protesta si sgonfi abbastanza in fretta. Non è uomo da "rivoluzioni colorate". Crede che il cambiamento sia necessario e possibile, ma non attraverso interventi militari o complotti dell´intelligence – in Iran nessuno ha dimenticato la defenestrazione di Mossadeq per mano della Cia, più di mezzo secolo fa. E' il dialogo che mina i regimi. Non lo scontro frontale che spesso li cementa.
E' chiaro che per Obama trattare con Ahmadinejad significa rischiare l´osso del collo. Moussavi, che nella sostanza non è così diverso dal suo eversore, ci avrebbe almeno messo una faccia nuova, non sporcata dalle contumelie antisemite del presidente attuale.
Ancor più radicalmente di Caracciolo, io credo che ottenere qualcosa da Ahmadinejad, in un negoziato serio e non puramente di facciata, avrebbe la garanzia di essere un risultato più duraturo che non da Mousavi; quest'ultimo sarebe sicuramente più malleabile, ma un giorno che tornassero i conservatori al potere tutto il lavoro diplomatico diverrebbe carta straccia.
In tutto ciò, tutto sommato, non sappiamo ancora chi abbia ricevuto più voti in queste elezioni. Io credo che potrebbe anche essere
davvero Ahmadinejad.
-- oo + oo --
A conclusione di questa rapida panoramica su ciò che è e ciò che appare, ciò che conviene e ciò che conviene evitare, ciò che è simile e ciò che vuol sembrare diverso, vi lascio con una dichiarazione del presidente confermato, da
euronews:
Il presidente iraniano Ajhmadinejad si è sentito in dovere di spiegare l’uso del termine “polvere” utilizzato nei giorno scorsi in riferimento ai dimostranti. “Sono persone che alzano la tensione - ha detto – e attaccano la gente. Non fanno parte della nazione. Sono degli alieni”
Questo perché, di nesso in nesso, quando l'ho letto mi ha ricordato, pari pari, lo stile, la modalità comunicativa, la tipica demonizzazione delle proteste di piazza da parte di un altro politico di successo.
Sì, proprio lui: il nostro amato Presidente.