Mi arrabbio quando le parole cambiano il loro significato. Quando si ripetono parole già sentite, già dette da qualcun altro, e non ci si chiede cosa vogliano dire davvero.
Per esempio, mi rende furioso udire la locuzione Grande Fratello. Un opprimente dittatore liberticida, metafora della violenza dell'intimità delle persone, del furto di qualsiasi sentimento e di qualsiasi desiderio libero, diventa un ambìto gioco televisivo, oggetto del geloso/goloso voyerismo nazionale.
Mi arrabbio quando la coerenza alle proprie idee e la fedeltà alla base viene chiamata "blocco ideologico", come fa il ministro Sacconi.
Quando un giornalista che antepone l'ossequio al potere alla verità dei fatti è un "grande giornalista (...) perché persegue il fine del “bene pratico” della valorizzazione sistematica del positivo" (sic! Angelo Scola, patriarca della diocesi di Venezia, fonte ANSA, grazie Federica)
Quando la ormai manganellamente nota Casapound "è un luogo di ritrovo di giovani di destra che hanno voglia di approfondire temi sociali e culturali. Un laboratorio di idee inviso, certo, alla sinistra estrema dove è possibile utilizzare computer, play station, tenersi informati, fare metapolitica" (fonte L'Arena - Quotidiano di Verona).
Ma la perla lessical-filosofica di cui volevo parlare non mi fa arrabbiare. Al massimo mi fa tenerezza.
Niki Vendola ha definito il suo "rifondato" movimento politico la "sinistra delle libertà".
Mi ricorda Calimero.
Piccolo e grigio.
Piccolo.
Piccolo piccolo.