22.1.09

Verso il giorno della memoria

Da Jenin. Un campo palestinese di Tahar Ben Jelloun


.....La notte deborda ovunque, perché siamo fatti della stessa lana tessuta dagli antichi col cuore ampio e gli occhi infuocati.
La notte è in noi come queste urla che non si placano.
Sono trattenute dai resti della vita, rinviate da una porta rotta a una parete, continuo a sentirle, sono diventata io stessa queste urla e le porto lontano, forse raggiungeranno coloro che si rifiutano di credere che la vittima può a sua volta bruciare la terra degli uomini e trattenere, della storia, solo le lacrime che la proteggono.

Ma io non ho perseguitato nessuno.
Io, seduta in questo campo di desolazione, io che parlo e mi rimangio le parole come il cibo che nessun uccello vuole, io che seguo la clessidra del nostro disastro, dico con le parole che salgono dal pozzo in cui sono state sotterrate le ossa di tanti morti, dico con queste parole che le pareti sono cadute e che ci hanno scoperti nudi, senza camicia, senza lenzuola, senza sudario. Ci hanno tolto il profumo delle rose e il velo della vergogna.

Le urla continuano a viaggiare e liberano le farfalle chiuse nei nostri petti.
Le urla ci vestono e nominano gli assenti.
Io resto lì, seduta, eterna, immutabile fino alla caduta della luna.
Scenderà a raccoglierci perché il nostro bisogno di consolazione, il nostro bisogno di giustizia è forte, violento come il deserto che avanza. 
Il nostro bisogno di verità è impossibile da vincere.
E' la nostra storia che sanguina, non i nostri cuori né i nostri occhi.....