Oggi è il 20 aprile 2009.
Per molti Abruzzesi lo sguardo è congelato all'alba del 6 aprile 2009.
Io, fisso il mio sull'ennesimo sorriso paterno e rassicurante del nostro Presidente del Consiglio, che campeggia sul paginone centrale de Il Centro, quotidiano locale e che ancora una volta (pure quando un minimo di decenza richiederebbe moderazione), fa sfoggio di capacità ed efficienza facendo grandi promesse nella speranza che si dimentichi il prima possibile (si sa gli italiani hanno memoria moooolto corta), che fino al 5 aprile nel meraviglioso piano casa che si intendeva varare a imperitura soluzione della crisi economica, di norme antisismiche nemmeno l'ombra...
Vi scrivo da Colle di Roio (AQ) uno dei paesini colpiti dal sisma del 6 aprile 2009. Il mio paese. Trovo molto difficile fare ordine nel turbinio di pensieri che mi gonfiano la testa, ma ci proverò. E scrivo questa nota perché credo che solo uno strumento quale la rete permetta di conoscere altre verità, senza mediazioni se non dell'autore. Il nostro campo è abitato da circa trecento persone, distribuite in una quarantina di tende. Tornati da una vacanza mai iniziata, assieme a Pierluigi, abbiamo cercato di dare un contributo alle attività di gestione della tendopoli che, nel frattempo, (era passata già una settimana dall'inaspettato evento), era andata sviluppandosi. Come sapete non sono un tecnico, né ho una qualche esperienza di gestione logistica e di personale in situazioni di emergenza e quanto vi racconto può essere viziato da uno stato di fragilità emotiva (immagino mi si potrà perdonare). Il fatto è, che a fronte di uno sforzo impagabile profuso da molte delle persone presenti nel nostro campo, (volontari della protezione civile, della croce verde/rossa, vigili del fuoco, forze di polizia etc...), inarrestabili fino allo sfinimento, ci siamo trovati, o sarebbe meglio dire ci siamo purtroppo imbattuti, nella struttura ufficiale della Protezione Civile stessa e nel suo sistema organizzativo.
La splendida macchina degli aiuti, per quanto ho visto io, poggia le sue solide e certamente antisismiche basi, sulle spalle e sulle palle dei volontari; il resto dà l'impressione di drammatica improvvisazione. E non perché non si sappia lavorare o non si abbiano strumenti e mezzi, ma semplicemente ed a mio parere, perché si è follemente sottovalutato il problema fin dall'inizio.
Se è vero che il terremoto non è prevedibile è altrettanto vero che tutte le scosse precedenti (circa trecento più o meno violente prima dell'inaspettato evento) dovevano rappresentare un serio monito. Perché non è servito il fatto che due settimane prima del sisma alcuni palazzi presenti in via XX settembre a L'Aquila, poi miseramente sventrati, erano già stati transennati perché le scosse che si erano susseguite fino a quel momento (la più alta di 4° grado, quindi poca cosa...) avevano fatto cadere parte degli intonaci e dei cornicioni... Una persona minimamente intelligente, a capo di una struttura così grande quale la protezione civile, avrebbe dovuto schierare i propri uomini alle porte della città, come un esercito, pronto a qualsiasi evenienza.
Ed invece mi trovo a dover raccontare che le prime venti tende del nostro campo se le sono dovute montare i cittadini del paese (ancora stravolti dal sisma), con l'aiuto di una manciata di instancabili volontari, che manca un coordinamento tra i singoli gruppi presenti, che la segreteria del campo (che cerchiamo di far funzionare), è rimasta attiva fino a ieri con un PC portatile di proprietà di mia proprietà, acquistato "sia mai dovesse servire", e con quello di un
volontario; che siamo stati dotati di stampante e telefono ma per la linea ADSL (in Italia ancora uno strano coso...) stiamo ancora aspettando e quello che siamo riusciti a mettere in piedi è merito dell'intelligenza di qualche giovane del posto e dei suoi strumenti tecnici; che abbiamo dovuto chiamare chi disinfettasse e portasse via mucchi di vestiti perché arrivati sporchi e non utilizzabili; che fino dieci giorni dal sisma avevamo un rubinetto per trecento persone,
nessuna doccia, circa 20 bagni chimici e nessun tipo di riscaldamento per le tende. Vi ricordo che in Abruzzo ed a L'Aquila in particolare la primavera fatica ad arrivare e che anche in queste notti la temperatura continua ad essere prossima prossima allo zero.
Non ci si può quindi stupire che molte persone, la maggior parte delle quali anziane (e non tutte con la dentiera...), cocciutamente ed in barba alle direttive che vietano di rientrare nelle case, continuano a fare la spola dalla tenda al bagno di casa. Potreste obbiettare che tutto sommato e visti i risultati raggiunti nel seguire più di quarantamila sfollati questi problemi sono inevitabili e bisogna solo avere pazienza. Condivido il ragionamento.
Quello che mi lascia stupita, che la gente non sa e che gli organi di informazione si guardano bene dal dire è che tutta la macchina si basa all'atto pratico, sulla volontà ed il cuore di persone che lasciano le loro case e le loro famiglie e che non pagate, cercano di ridare un minimo di dignità e conforto a chi, a partire dalla propria intimità, ha perso tutto o quasi.
La protezione civile che molti immaginano (alla Bertolaso per intenderci) non esiste nei campi, almeno non nel nostro. I volontari si alternano, perché obbligati ad andarsene dopo circa 7 giorni.
Cosa comporta tutto questo? Che ogni settimana si vedono facce nuove con la necessità di ricominciare a conoscersi ed imparare a coordinarsi, che il capo campo cambia anche lui con gli altri e quindi può avere esperienza o meno, che spesso, ed è il nostro caso, la gestione di alcune attività è affidata ai terremotati perché non viene inviato personale apposito, con inevitabili problemi, invidie acrimonie e litigate tra... poveri.
Volete un esempio cristallino della disorganizzazione? La nostra psicologa, giunta al campo per propria cocciuta volontà, è rimasta anche lei solo una settimana. Vi immaginate quale può essere l'aiuto ed il sostegno che una persona addetta può dare e quale fiducia può riscuotere per permettere alle persone di aprirsi, se cambia con cadenza domenicale???
A questo si aggiungano l'inesperienza di molte persone (spesso e per fortuna sconfitta dalla volontà di far bene) e le tristi e umilianti dimostrazioni di miseria umana che ci caratterizzano e che risultano ancora più indecenti ed inaccettabili in casi di emergenza.
Qualcosa di buono però ragazzi l'ho imparato. Ho imparato che per la richiesta di materiale devo inviare un modulo apposito e che a firmare lo stesso non deve essere il capo campo, la cui responsabilità, fortuna sua, è solo quella di gestire trecento vite, trecento anime, più tutti coloro che ci aiutano dalla sera alla mattina, ma serve il visto del Sindaco, oppure del presidente di circoscrizione oppure di un loro delegato (pubblico ufficiale). Noi dopo aver speso due giorni per individuare chi dovesse firmare questi benedetti moduli, sappiamo che dobbiamo prendere la macchina e quando serve (ovviamente più volte al giorno), raggiungerlo al comune.
Un'ultima noticina. Due giorni fa la Protezione civile si è riunita con gli esperti, ed ha ritenuto che non vi siano motivi di preoccupazione relativamente alle dighe abruzzesi (la terra trema ogni giorno). Ora ricordandomi che analoga sicurezza era stata espressa all'alba di una scossa di quarto grado e pochi giorni prima che il nostro inaspettato evento facesse trecento morti e azzerasse l'economia e la vita di migliaia di persone... ho provveduto, poco elegantemente, ad eseguire il noto gesto scaramantico...
Però dei regali li ho ricevuti. Sono le lacrime di molte delle persone che hanno lavorato alla tendopoli, trattenute a stento nel momento dei saluti; sono le parole e gli sguardi dei vecchi del paese, che mescolano dignità e paura, coraggio e rassegnazione, senza mai un lamento.
Un'altra cosa. Vi prego chiunque di voi possa, prenda il treno l'aereo o la macchina e si faccia un giro per L'Aquila e d'intorni. Le tendopoli non sono tutte come quelle a Collemaggio. Scoprirete il livello di falsità che viene profuso a piene mani dagli organi di comunicazione oramai supini e del livello di indecenza del ns. presidente del consiglio che prima con lacrime alla cipolla e poi con sorrisi di plastica distribuisce garanzie e futuro a chi vivendo in tenda e saggiando sulla pelle la situazione sa, che sono tutte balle.
I morti sono serviti subito per mostrarsi umano e vicino alle famiglie, ma ora è meglio dimenticarli in fretta..Via via... nessuna responsabilità, nessun dolo. I pm sono dei malvagi... ricostruiamo in fretta... forza la vita è bella, vedrete, tra un mese sarete tutti a casa...Conoscete i nomi delle famiglie che doveva ospitare nelle sue ville?
Le virtù umane travalicano gli eventi, le sue miserie non hanno confini.
Se volete vi prego fortemente di inviare questa mail a quanti vi sono amici. La stampa nazionale si è guardata bene dal pubblicarla.
Un saluto a tutti.
Laura